Attualmente, infatti, il bonus di 80 euro rappresenta “un’esclusiva” per coloro che abbiano un reddito annuo da lavoro dipendente fino a 24mila euro, che si riduce fino ad azzerarsi entro i 26, ma garantita solo al prossimo dicembre. In questo senso, le parole del ministro Pier Carlo Padoan erano volte ad assicurare i lavoratori come il benefit concesso nello stipendio mensile fosse in procinto di stabilizzazione anche per il 2015 e gli anni a seguire.
Nelle ultime ore, però, stanno prendendo piede due ipotesi, che potrebbero cambiare notevolmente il destino di questo chiacchieratissimo bonus, secondo molti analisti alla base del clamoroso successo elettorale alle scorse europee da parte del partito democratico, che ha raccolto il 40,8% dei consensi.
Ipotesi 1: il bonus sparisce
Si tratta del quadro sicuramente più radicale, anche se al momento sembra una delle poche vie praticabili per assicurare un monte di risparmio ai conti pubblici, come auspicato da governo e istituti contabili. Il costo annuale degli 80 euro in busta paga, infatti, è di ben 10 miliardi di euro: un gruzzolo che, se mantenuto nelle tasche dello Stato, potrebbe essere destinato alla riduzione dell’Irap, che le imprese invocano dall’avvento dell’ex sindaco fiorentino a palazzo Chigi.
A lanciare l’amo, nientemeno che il fondatore di Repubblica Eugenio Scalfari che, nel consueto intervento domenicale, ha notato come gli 80 euro non abbiano portato allo sperato incremento dei consumi e, dunque, potrebbero essere dirottati a ridurre la tassazione sulle aziende.
Questa eventualità, però, è stata immediatamente smentita dai portavoce vicini al premier Renzi, i quali si sono affrettati a confermare che presto il bonus verrà reso permanente: dunque, nessuna marcia indietro sarebbe in programma. Una posizione che apre la strada all’ipotesi 2.
Ipotesi 2: nessun allargamento
Tra le promesse che hanno riguardato la distribuzione degli 80 euro, figurava anche quella di allargare il beneficio a pensionati e partite Iva, colpevolmente dimenticate nella prima fase in cui è stato introdotto l’aumento di stipendio.
Ora, dunque, il modo più semplice e in grado di evitare la bufera di un eventuale dietrofront su quanto già concesso, è quello di negare sgravi o detrazioni alle altre categorie, almeno fino al 2015. Se trovare i soldi per confermare il bonus nel 2015 costerà i soliti 10 miliardi, includere nel beneficio anche partite Iva e Pensionati porterà a una cifra più che doppia rispetto a quella destinata ai soli lavoratori.
E, visto il quadro dell’economia in recessione, per il governo trovare oltre 20 miliardi per assicurare a ciascuno le proprie detrazioni, assume sempre più il contorno di una missione impossibile. E’ dunque probabile che, ancora una volta, a farne le spese siano gli autonomi e coloro che percepiscono l’assegno Inps.
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