Si tratta di norma di cd. “interpretazione autentica” di una legge, da poco approvata, che aveva previsto che “gli avviamenti al lavoro di orfani e vedove di vittime del terrorismo e della criminalità organizzata, e di soggetti ad essi equiparati come i superstiti delle vittime sul lavoro, nel collocamento obbligatorio avranno precedenza su ogni altra categoria, non saranno contenuti entro la quota di legge dell’1 per cento e potranno andare ad occupare i posti riservati ai disabili“.
Ora le due riserve sono separate, con conseguente inevitabile compressione dei posti che rimangono liberi per i “non riservatari”.
Bene ha fatto il legislatore a intervenire, addirittura con accordo bipartisan, ma ci si chiede se era proprio necessaria – e costituzionalmente orientata – la precedente disposizione normativa, ora precipitosamente “interpretata”.
1. Il testo approvato
Il disegno di legge, composto da un solo articolo, così reca:
“ Interpretazione autentica del comma 2 dell’articolo 1 della legge 23 novembre 1998, n. 407, in materia di applicazione delle disposizioni concernenti le assunzioni obbligatorie e le quote di riserva in favore dei disabili
Art. 1.
1. Il quarto periodo del comma 2 dell’articolo 1 della legge 23 novembre 1998, n. 407, introdotto dall’articolo 5, comma 7, del decreto-legge 6 luglio 2010, n. 102, convertito, con modificazioni, dalla legge 3 agosto 2010, n. 126, si interpreta nel senso che il superamento della quota di riserva di cui all’articolo 18, comma 2, della legge 12 marzo 1999, n. 68, ivi richiamata, deve in ogni caso avvenire, per le amministrazioni pubbliche, nel rispetto dei limiti delle assunzioni consentite dalla normativa vigente per l’anno di riferimento e che resta comunque ferma l’applicazione delle disposizioni di cui all’articolo 3 della legge 12 marzo 1999, n. 68, e successive modificazioni, in materia di assunzioni obbligatorie e quote di riserva in quanto ad esclusivo beneficio dei lavoratori disabili”.
2. La relazione al primo disegno di legge
Il primo dei disegni di legge presentati, a fine 2010, così recava:
“L’articolo 5 del decreto-legge 6 luglio 2010, n. 102, convertito, con modificazioni, dalla legge 3 agosto 2010, n. 126, rischia di compromettere irrimediabilmente il diritto al lavoro delle persone con disabilità.
Al comma 7, infatti, mescolate alle misure sulle missioni militari internazionali, riporta quattro righe destinate a modificare sostanzialmente la normativa vigente.
Prevede che dalla data di entrata in vigore del decreto-legge gli avviamenti al lavoro di orfani e vedove di vittime del terrorismo e della criminalità organizzata, e di soggetti ad essi equiparati come i superstiti delle vittime sul lavoro, nel collocamento obbligatorio avranno precedenza su ogni altra categoria, non saranno contenuti entro la quota di legge dell’1 per cento e potranno andare ad occupare i posti riservati ai disabili.
“7. All’articolo 1, comma 2, della legge 23 novembre 1998, n. 407, e’ aggiunto, in fine, il seguente periodo: «Alle assunzioni di cui al presente comma non si applica la quota di riserva di cui all’articolo 18, comma 2, della legge 12 marzo 1999, n. 68.».”
Con quattro righe si assesta un durissimo, inaccettabile colpo ad una norma di civiltà, la legge n. 68 del 1999, frutto di un lungo lavoro parlamentare e per la quale i disabili italiani hanno lottato per più di vent’anni.
La nuova norma è in parte frutto del combinato disposto di più provvedimenti legislativi, fra tutti la legge 23 novembre 1998, n. 407, e la legge 24 dicembre 2007, n. 244, nate dal lodevole e condiviso intento di tutelare persone pesantemente colpite da eventi drammatici. Ma non è pensabile che il diritto di queste persone possa fondarsi sulla negazione di quello, altrettanto legittimo, dei disabili, per i quali le possibilità di lavoro sono limitate, di fatto, al solo collocamento obbligatorio.
La norma avrebbe perciò dovuto precisare che la nuova disposizione che consente alle categorie sopra menzionate di superare la quota dell’1 per cento non va ad intaccare il 7 per cento di posti che la legge riserva ai disabili.
La situazione venutasi a determinare sta già creando un comprensibile disorientamento nei servizi per l’impiego, molti dei quali hanno già avanzato richieste di chiarimento al Ministero del lavoro e delle politiche sociali bloccando i nuovi avviamenti. Ma, soprattutto, sono le associazioni di tutte le categorie di disabili a vivere con crescente preoccupazione questa scelta che non può che essere vissuta come l’ennesimo attacco al diritto al lavoro.
Va ricordato che il Governo ha già abrogato il certificato di ottemperanza al collocamento obbligatorio, previsto, pena esclusione, per le imprese che operano con la pubblica amministrazione, e lo ha sostituito con una più vaga autocertificazione; che gli interventi degli Ispettorati del lavoro in materia sono pressoché inesistenti; che i ripetuti blocchi delle assunzioni hanno notevolmente ridimensionato le possibilità di accesso al pubblico impiego; che la crisi economica in atto sta determinando consistenti espulsioni dalle aziende anche di lavoratori disabili, mentre ritarda la relazione al Parlamento sull’attuazione della legge 12 marzo 1999, n. 68, sul collocamento obbligatorio.
La presente proposta di legge intende perciò dare interpretazione autentica al comma 7 dell’articolo 5 del citato decreto-legge n. 102 del 2010 in modo da chiarire inequivocabilmente l’esclusivo diritto dei lavoratori disabili ad accedere alle quote ad essi riservate dall’articolo 3 della citata legge n. 68 del 1999″.
3. La relazione in Commissione Lavoro
Il 9 febbraio scorso, il disegno di legge unificato era stato così presentato, dal relatore Giuliano:
“Ricorda che allo stato, con riferimento alla categoria dei disabili, i datori di lavoro sono tenuti – fatte salve alcune norme speciali – a rispettare una quota di riserva pari al sette per cento dei lavoratori subordinati qualora occupino più di 50 dipendenti; a due lavoratori, qualora occupino da 36 a 50 dipendenti; ad un lavoratore, qualora occupino da 15 a 35 dipendenti.
Un’altra quota di riserva – pari ad un punto percentuale per i datori che occupino più di 150 dipendenti e ad un’unità per quelli che occupino da 51 a 150 dipendenti – è stabilita in favore di orfani e coniugi superstiti di coloro che siano deceduti per causa di lavoro, di guerra o di servizio, ovvero in conseguenza dell’aggravarsi dell’invalidità riportata per tali cause, coniugi e figli di soggetti riconosciuti grandi invalidi per causa di guerra, di servizio e di lavoro, nonché profughi italiani rimpatriati; di soggetti “vittime del terrorismo e della criminalità organizzata” e categorie equiparate, nonché dei loro coniugi e figli, ovvero fratelli conviventi e a carico, qualora siano gli unici familiari.
A tal fine, i soggetti “vittime del terrorismo e della criminalità organizzata” sono rappresentati dalle persone aventi un’invalidità permanente per effetto di ferite o lesioni riportate in conseguenza del verificarsi nel territorio dello Stato di atti di terrorismo o di eversione dell’ordine democratico, o di fatti delittuosi commessi per il perseguimento di finalità di associazioni di tipo mafioso, o in conseguenza dello svolgimento di operazioni di prevenzione o repressione di tali fatti delittuosi, o ancora in conseguenza dell’assistenza prestata nel corso di tali azioni od operazioni. I soggetti equiparati sono costituiti dai pubblici dipendenti rientranti in determinate categorie, i quali, in attività di servizio, in conseguenza di eventi connessi all’espletamento delle loro funzioni o dipendenti dai rischi specificamente attinenti alle operazioni di polizia o di soccorso, abbiano riportato un’invalidità permanente non inferiore all’80 per cento della capacità lavorativa o, in ogni caso, un’invalidità che comporti la cessazione del rapporto d’impiego.
Ai soggetti “vittime del terrorismo e della criminalità organizzata”, alle categorie equiparate, nonché ai familiari suddetti, la disciplina vigente riconosce, nell’ambito delle relative quote di collocamento obbligatorio, il diritto di precedenza rispetto ad ogni altra categoria, nonché di preferenza a parità di titoli. Inoltre, una recente novella – operata dall’articolo 5, comma 7, del decreto-legge n. 102, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 126 del 2010 – ha previsto che tali soggetti vengano assunti anche a valere sulla quota di riserva concernente i disabili.
Il disegno di legge in esame reca una norma di interpretazione autentica relativa a quest’ultima novella ed attribuisce in via esclusiva ai disabili la quota di riserva già soltanto ad essi spettante prima della novella.
Si specifica, inoltre, per le amministrazioni pubbliche, che resta in ogni caso fermo il rispetto dei limiti delle assunzioni contemplati dalla normativa vigente per l’anno di riferimento”.
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