Il primo punto del quesito referendario, pubblicato in Gazzetta Ufficiale lo scorso 9 aprile, così dice: “Volete voi che sia abrogato il decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n. 133, nel testo risultante per effetto di modificazioni ed integrazioni successive, recante Disposizioni urgenti per lo sviluppo economico, la semplificazione, la competitività, la stabilizzazione della finanza pubblica e la perequazione tributaria, limitatamente alle seguenti parti: art. 7, comma 1, lettera d: realizzazione nel territorio nazionale di impianti di produzione di energia nucleare“.
Gli altri punti, invece, riguardano la “localizzazione” delle centrali, le “procedure autorizzative” e le norme funzionali al perseguimento degli impegni internazionali e comunitari dell’Italia, così come disciplinate dalla legge 23 luglio 2009, n. 99, nonché dal decreto legislativo 15 febbraio 2010, n. 31.
Ebbene, a breve (il 12 giugno secondo il Ministro Maroni, il 29 maggio secondo la richiesta del Comitato promotore), gli elettori saranno chiamati a dire la loro sul ritorno al nucleare, confermando o meno ciò che decisero nel 1987.
La scelta emersa in quella consultazione fu nettamente antinucleare: i sì all’abrogazione, infatti, registrarono il 79%.
Ma quelli erano tempi duri.
Il 1986 fu, infatti, l’anno del più grave incidente nucleare della storia, quello della centrale di Chernobyl.
Basta ricordare che, ancora oggi, a distanza di 24 anni, non si è riusciti a stilare un bilancio definitivo delle vittime del disastro.
Il rapporto ufficiale redatto da agenzie dell’ONU fa riferimento a 65 morti accertati e 4.000 presunti per tumori e leucemie nell’arco di 80 anni. Secondo le stime di Greenpeace, invece, sarebbero almeno duecentomila i decessi, fra 1990 e il 2004, nelle sole tre repubbliche ex-sovietiche (Ucraina, Bielorussia e Russia). In Italia, uno studio del 1996 dell’Istituto Superiore di Sanità dimostra come le conseguenze sanitarie dell’incidente siano state ben più gravi di quanto fu calcolato sulla base delle prime rilevazioni: i morti si aggirerebbero intorno ai 3000.
Ciò detto, torniamo ai giorni nostri.
Dopo un silenzio durato più di venti anni, si accende un nuovo dibattito sull’energia nucleare.
La dipendenza della nostra economia dall’import di petrolio, gas e carbone, le cicliche crisi del petrolio e del gas, il costo esagerato dell’energia elettrica rispetto agli altri paesi europei – in Italia paghiamo l’energia elettrica il 30% in più del prezzo medio europeo e addirittura il 50% in più del prezzo della Francia – infatti, hanno rimesso in discussione il destino del nucleare nel nostro paese.
A dire il vero, l’idea di realizzare nuove centrali è maturata nei nostri governanti già qualche anno fa, oltreché attraverso l’attività legislativa interna, con i rapporti coltivati con gli USA e la Francia che hanno portato, nel 2009, alla stipula di accordi di cooperazione industriale e commerciale nel settore dell’energia nucleare.
In particolare, detti accordi hanno previsto attività di collaborazione in merito alla progettazione di reattori di nuova generazione, alla ricerca sul nucleare di base e alle tecnologie per il trattamento dei rifiuti, per lo stoccaggio e il deposito. Allo stesso tempo, hanno delineato lo scambio “di informazioni, materiali e attrezzature”.
Allo scopo di alimentare il dibattito pubblico sul tema, invece, qualche mese fa tutte le reti tv hanno trasmesso il famoso spot sul nucleare.
Curato dall’agenzia Saatchi & Saatchi, commissionato dal Forum nucleare italiano, presieduto da un ex presidente di Lega ambiente (!), lo spot propone una partita a scacchi in cui i giocatori, che per vero si rivelano essere la stessa persona, alternano alle mosse le loro opinioni sul nucleare: uno espone i vantaggi e l’altro gli svantaggi.
Verità è che, nonostante l’aspetto tendenzialmente neutrale della campagna pubblicitaria, è stato evidenziato che il messaggio orienterebbe “subdolamente” lo spettatore a favore del nucleare. Gli aspetti subliminali, in particolare, riguarderebbero: il colore delle pedine (bianco per la purezza del giocatore favorevole e nero per quello oscurantista contrario al nucleare), il tono della voce (disteso e pacato per il giocatore favorevole, arrabbiato e inasprito per l’altro) e i movimenti sulla scacchiera (incisivi e energici per il favorevole, incerti e indecisi per il suo antagonista). Il fatto, poi, che le posizioni contrapposte provengano dalla stessa persona viene inteso da qualcuno come invito a superare il pregiudizio.
Si aderisca o meno a questa analisi, sta di fatto che, il 18 febbraio scorso, il Giurì dell’Istituto di Autodisciplina Pubblicitaria, accogliendo il ricorso di Greenpeace e dei senatori del Pd Roberto Della Seta e Francesco Ferrante, ha ordinato la cessazione dello spot. Questo il dispositivo:
“Il Giurì, esaminati gli atti e sentite le parti, dichiara che la pubblicità contestata non è conforme all’art. 2 del Codice di Autodisciplina della Comunicazione Commerciale, letto ed applicato alla luce delle ‘Norme preliminari e generali’ e integrato dal disposto dell’art. 46, e ne ordina la cessazione nei sensi di cui in motivazione” .
Dal canto suo, il Forum nucleare italiano ha già reso disponibile sul suo sito una nuova versione del filmato che tiene conto della decisione del Giurì e delle osservazioni del Comitato di controllo.
In particolare, nello spot verrà inserito “un chiaro riferimento alla propria posizione pro-nucleare”.
Così si legge nella nota pubblicata sul sito del Forum: “poiché il Giurì non ha censurato i contenuti e la sostanza della nostra comunicazione – come invece i nostri detrattori hanno strumentalmente cercato di far credere – lo spot è rimasto identico a quello trasmesso ma contiene in questa versione l’affermazione “Noi siamo favorevoli”, a cui si aggiunge una domanda rivolta allo spettatore: “E tu?””.
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