Con la presentazione annunciata per il Consiglio dei Ministri della prossima settimana, iniziano però a delinearsi alcuni aspetti centrali della normativa che andrà a rinnovare – almeno questo è l’auspicio della maggioranza – gli uffici della pubblica amministrazione.
Ora, dopo gli esuberi, si affaccia sull’orizzonte della prossima riforma rivolta alla PA, il plotone degli “esonerati”. In comune con gli esodati non c’è solo l’assonanza, dal momento che si tratta di dipendenti vicini a lasciare il posto da dipendente pubblico, ma ancora impossibilitati ad andare in pensione. Esiste già una possibile soglia: a essere coinvolti in questo percorso, potrebbero essere quei dipendenti al di sotto dei cinque anni residui di lavoro.
Così, le intenzioni del ministro della Funzione Pubblica Marianna Madia, sarebbero quelle di varare una forma di esonero dal servizio adattabile a seconda dei singoli casi, che consenta, comunque, ai diretti interessati di incassare il 65 percento degli stipendi, e, insieme, gli permetta di versare la quota rimanente di contributi per ottenere finalmente l’assegno previdenziale.
Ovviamente, si tratterà di una misura strettamente correlata alla mobilità, già avviata nelle scorse settimane in tema di eccedenze e, appunto, esuberi di personale, previe le necessarie verifiche dell’effettivo sovrannumero delle mansioni svolte nei singoli enti. QUI LE ISTRUZIONI PER ANDARE IN PENSIONE CON I VECCHI REQUISITI
Secondo la traccia del ministero, allora, gli esonerati dovranno essere individuati principalmente negli enti di pubblica amministrazione di dimensioni superiori, e, tra questi, una categoria specifica verrà individuata in quei lavoratori che svolgono lunghi tratti di strada per raggiungere l’ufficio: l’ipotesi, per questi, sarebbe quella di una ricollocazione in enti prossimi alla residenza del lavoratore stesso.
Nel frattempo, il capo dell’Ispettorato generale per la spesa sociale della Ragioneria Generale dello Stato, Francesco Massicci ha dichiarato che la riforma Madia, così come è impostata non potrà essere a costo zero: “Se pensioniamo gli insegnanti di lettere, ma resta la cattedra e devo rimpiazzarli, abbiamo da pagare la pensione, lo stipendio e la buonuscita”. Insomma, non manca lo scetticismo sulla realizzabilità della riforma: ciò nonostante, il governo ha intenzione di tirare dritto.
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