Che l’introduzione delle preferenze nel sistema elettorale non sia la panacea di tutti i mali credo sia ormai cosa acclarata, nelle elezioni amministrative risulta evidente come “la potenza elettorale” di un personaggio sia sì determinata dal numero di preferenze che consegue, ma quest’ultimo sia a sua volta prodotto non da un criterio meritocratico o fiduciario ma da un sistema di clientele e di apparato, con evidenti pericoli di infiltrazioni mafiose o comunque criminali. Nelle elezioni europee questi rischi diventano ancor più assiomatici per le questioni legate alle scelte delle candidature che hanno operato i partiti: soubrette, personaggi televisi, volti noti, riciclati, esponenti del trasformismo più deteriore.
Ecco dunque che la “preferenza” può ottenere il suo banco di prova, addirittura su di un palcoscenico europeo. Banco di prova tutt’altro che semplice, sia chiaro, poiché se, poniamo per assurdità, un personaggio televisivo conti il 26 maggio più preferenze di un valido personaggio politico di spicco – dove l’accezione “valido” convengo abbia infinite possibilità di interpretazione – non sarà perché ha convinto di più l’elettorato, ma perché la trasformazione delle vicende politiche in un televoto televisivo, obiettivo di un ventennio di berlusconismo, sarà completa.
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