L’Agenzia delle Entrate non concede l’accesso al documento, la signora impugna al TAR di Bologna e il TAR respinge il ricorso dicendo che si tratta di una eccezione al principio generale di libero accesso agli atti, per cui il rilascio della copia è possibile solo a seguito di richiesta e ottenimento di autorizzazione da parte del giudice ordinario; ciò in base all’art. 60 del D.Lgs. 31 ottobre 1190, n. 346, e art. 18, comma 3°, DPR 26 aprile 1986, n. 131, che si ritengono da collegare all’art. 24, comma 5°, della legge 241/1990, che prevede eccezioni al diritto di accesso (TAR Emilia Romagna, Bologna, sezione I, 12 gennaio 2011, n. 7).
La vicenda, oltre che interessante per il principio di diritto riaffermato, si presta a qualche riflessione a margine che può essere parimenti riguardevole.
Innanzitutto, va ricordato che la presentazione della denuncia di successione, comunque non è, per costante giurisprudenza, necessariamente indice dell’avvenuta accettazione dell’eredità, dal momento che si tratta di un adempimento meramente fiscale che i congiunti del defunto possono porre in essere solo al fine di evitare le sanzioni di legge, rimanendo poi liberi di accettare o meno la chiamata alla successione.
Quindi, quand’anche Caia avesse ottenuto copia della denuncia di successione, quel documento non sarebbe stato la prova certa del fatto che a lei interessava.
A parte questo, l’approccio del diritto di accesso ai sensi delle leggi amministrative non era l’unico esperibile.
Si sarebbe potuta presentare una istanza ai sensi dell’art. 391 quater del codice di procedura penale, dal momento che non corrispondere il mantenimento configura, o può configurare, una ipotesi di reato. Considerando che le disposizioni come questa in tema di «indagini difensive» hanno lo scopo di porre l’investigato e la persona offesa sullo stesso piano dell’accusa, quantomeno con gli stessi poteri di indagine, sarebbe stato più difficile ipotizzare la necessità di una previa autorizzazione della Magistratura per ottenere copia del documento.
Questo caso, nel suo complesso, riafferma, in conclusione, un tema che mi è piuttosto caro, quello dei limiti della cosiddetta specializzazione degli avvocati, che pure il Consiglio Nazionale Forense vorrebbe rilanciare: si parte da una questione di diritto di famiglia, anche banale perchè probabilmente più esecutiva che di merito, per attraversare, poi, le leggi amministrative, il diritto penale e le disposizioni in materia di successioni.
La realtà, dunque, è che gli utenti non hanno bisogno di etichette o sussunzioni, ma di risposte ai loro problemi e che i casi della vita, quando si verificano, non si pongono confini. Ecco perchè l’approccio specialistico non è sempre necessariamente vincente e in diversi casi l’elasticità, il saper collaborare all’interno di un buon gruppo di colleghi, anche (perchè no?) distribuito sul territorio, la creatività possono essere più efficaci nel risolvere i problemi posti dalla pratica.
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