Le Elezioni europee offrono, tradizionalmente, il contesto ideale per gli imprenditori politici che, come Grillo, vogliano capitalizzare, dal punto di vista elettorale, questo tipo di sentimenti. Elezioni politiche di secondo, o terzo ordine: dove la posta (percepita) è meno rilevante rispetto ad altre consultazioni, e i cittadini si sentono liberi di premiare partiti che, magari, non voterebbero alle Elezioni politiche. Svincolati dalla logica del voto utile, sensibili alle sirene del voto “contro”. Contro la politica e i partiti mainstream. In questo caso, anche (e soprattutto) contro l’Europa: contro le istituzioni comunitarie e contro la moneta unica. Tra i principali bersagli polemici del M5s. E di altri partiti che, nel resto d’Europa, sono molto cresciuti nella fase recente. Dal Front National di Marine Le Pen al Partito per l’Indipendenza del Regno Unito di Nigel Farage, da Alternative für Deutschland ad Alba Dorata: formazioni diverse tra loro, ma accomunate dalla crociata anti-Euro(pa).
A differenza dei soggetti appena evocati, il M5s ha però un ostacolo in più – e un ostacolo non irrilevante – sul proprio cammino. L’entusiasmo sollevato dall’ascesa politica di Matteo Renzi: neo-premier caratterizzato da grande appeal personale; alla guida di un governo (ad oggi) in piena luna di miele con l’opinione pubblica; un leader che, come Grillo un anno fa, si presenta come ”uomo nuovo” della politica italiana. Un leader portatore di una carica anti-politica indubbiamente più sfumata rispetto a quella del “capo” dei 5 stelle. Ma provvisto del giusto pedigree per interpretare alcuni degli ideali di cui il M5s si è fatto promotore: partecipazione, sobrietà, trasparenza, legalità.
Questo articolo è firmato dall’autore del libro “Il partito del capo. da Berlusconi a Renzi” (Maggioli Editore). Per una analisi a 360 gradi del renzismo rimandiamo inoltre a un articolo pubblicato da SESP. (ndr)
Non é un caso che, nelle ultime settimane, Grillo abbia indirizzato le sue bordate quasi interamente sul nuovo inquilino di Palazzo Chigi. Non è un caso che, al momento delle consultazioni con il premier incaricato (a differenza di quanto avvenuto con Letta e Bersani), abbia deciso di guidare in prima persona la delegazione 5 stelle. In quella stessa occasione, Renzi, nell’incontro con la stampa a margine del faccia a faccia, si è rivolto direttamente agli elettori cinque stelle, dicendo di volerli abbracciare ad uno ad uno. I due leader sanno bene di essere in competizione diretta per una frazione significativa di elettorato. A partire da quel 20% di elettori ex-democratici transitati verso il MoVimento, tra il 2008 e il 2013.
Le Europee 2014, peraltro, sono destinate ad assumere un significato e una importanza del tutto particolari, per l’Italia. Dovranno fornire la legittimazione elettorale ad un esecutivo e ad un premier entrati in carica senza passare per il voto popolare. Da questo punto di vista, delle elezioni di primo, primissimo ordine: un referendum sul governo; anzi, su Matteo Renzi. Un referendum sul quale il “no” di Grillo sarà netto e inequivoco, accompagnato da una continua escalation nei toni dello scontro.
Il rottamatore entrato nel palazzo contro il più radicale oppositore del sistema; l’europeista (chiamato a misurarsi con i rigidi parametri di Bruxelles) contro l’anti-europeista (pronto ad invocare l’abbandono della moneta unica); il leader del principale partito italiano contro il non-leader di un non-partito. Matteo Renzi contro Beppe Grillo: è questa la vera partita che si profila in vista del voto di maggio.
Fabio Bordignon @fabord
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