Nel continuo reality show della politica, oggi è stato segnato un altro punto: proprio quel “vuoto di Newton” che citava Grillo ieri a Sanremo, il dialogo tra sordi che continua a perseverare, malgrado i protagonisti siano – finalmente – cambiati tra i maggiori rappresentanti dei partiti.
Grillo e Renzi, infatti, pur se anagraficamente distanti, sono figli dello stesso disamore per la politica tradizionale e devono gran parte del loro successo personale ai misfatti di una classe dirigente incapace, che faticosamente si porta sulle retrovie dopo vent’anni di disastri.
Beppe Grillo rappresenta la risposta antisistema, di chi ha maturato una completa avversione al gioco delle parti che ha contraddistinto la Seconda Repubblica e chiede di demolire il sistema. Renzi, invece, ha costruito la sua immagine come alternativo al grumo politico-finanziario che ha dominato negli ultimi anni, vincendo, dapprima, le primarie per la corsa a sindaco di Firenze, poi perdendo quelle per leadrship contro Bersani, salvo vendicarsi dodici mesi più tardi prendendosi, prima, la segreteria e, ora, la poltrona di presidente del Consiglio.
Lo streaming di oggi ha molto in contrasto – e qualche punto in comune – con quello di un anno fa, con protagonista il vecchio gruppo dirigente del Pd – l’ex segretario Pier Luigi Bersani, l’allora numero 2 Enrico Letta, in opposizione ai primi rappresentanti del MoVimento 5 Stelle, Vito Crimi e Roberta Lombardi. Allora, fece scalpore una frase pronunciata dalla stessa Lombardi “mi pare di essere a Ballarò”, ma, in sostanza, l’esito annunciato fu esattamente lo stesso. Allora, però, il colloquio quasi soporifero aveva lasciato trasparire molto più dilettantismo, e scarsa dimestichezza con il mezzo.
Questa volta, invece, a sfidarsi erano due giganti della comunicazione, il comico diventato leader politico per il successo planetario del suo blog, e il giovane rampante sempre attaccato allo smartphone e figlio della cultura televisiva degli anni ’80 e ’90. Così lontani, così vicini, dunque?
A quanto pare, sì. Non a caso, oggi Grillo ha riconosciuto a Renzi di esser “una brava persona” per poi attaccare con la serie di attacchi sul “marcio” che starebbe dietro il premier. Dal canto suo, Renzi ha cercato di intervenire con una linea un po’ troppo “bersaniana”, cioè cercando di incanalare il discorso sulle questioni programmatiche, su cui conosceva sicuramente l’assoluta indisponibilità di Grillo alla discussione.
Si può imputare a Grillo di non aver lasciato spazio all’avversario, ma il segretario Pd, a tratti, è apparso quasi intimidito di fronte alla tracotanza del leader 5 Stelle: l’unico sussulto, si è avuto quando ha punzecchiato Grillo sulla prevendita dei suoi spettacoli. Certamente, Renzi si è trovato a giocare un ruolo di sparring partner che non è abituato a giocare e che potrebbe essere un segnale del cambio di registro nelle vesti di presidente del Consiglio.
Dall’altra parte, Grillo si trova, al momento, sotto il fuoco incrociato dei suoi sostenitori, tra le lodi per aver ammutolito Renzi ele accuse di aver tradito il mandato della rete, che aveva votato a favore del faccia a faccia tra due, in sostanza chiuso con uno show del comico.
Se si vuole vedere lo streaming in fatto di democraticità e apertura al dialogo, è evidente chi abbia vinto la contesa, ma, allo stesso modo, è meglio riconoscere chi dei due personaggi sia rimasto fedele a se stesso e chi, invece, abbia mostrato un volto un po’ diverso dal solito.
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