Proteste Ucraina: cosa accade e perché manifestano contro il governo

Nelle ultime ore, c’è un Paese europeo nelle prime pagine di tutto il mondo: naturalmente, l’Ucraina. Gli scontri nella capitale Kiev e in altri centri del Paese hanno raggiunto una violenza e una brutalità tale da portare la questione del Paese a est del vecchio continente in cima a tutti i notiziari, con bilanci di morti e feriti da tempo dimenticati in Europa.

Il bollettino, drammatico, delle ultime ore, è destinato a crescere. Al momento, non si intravede la possibilità di una riappacificazione tra le parti in causa: da una parte, il governo guidato dal presidente Viktor Yanukovich e, dall’altra, le opposizioni a fiano dei ribelli filo Ue, veri protagonisti di una protesta che dura, in realtà, da alcuni mesi.

Nonostante, nel Paese, la contrapposizione tra filo russi e fan dell’Unione europea, sia viva da anni, di recente la situazione è esplosa quando, lo scorso 21 novembre, il presidente ucraino ha rifiutato di firmare l’accordo di associazione con Bruxelles, con lo scopo di riavvicinare gli interessi economici alla vicina Russia.

Da quel momento, le strade della capitale di sono riempite di manifestanti contrari alla linea presidenziale, chiedendo a gran voce di entrare a far parte dell’orbita commerciale dell’area euro.

Nonostante i primi accenni delle rimostranze contro Yanukovich non contemplino il ricorso alla violenza, ben presto si verificano i primi scontri tra liberi cittadini, oppositori e forze dell’ordine: l’arresto di 35 persone porta in piazza a Kiev, lo scorso primo dicembre, ben 300mila persone in marcia contro la politica amica di Vladimir Putin intrapresa dal governo.

Non curante delle proteste, il presidente Yanukovich prosegue dritto per la sua strada, firmando, il 17 dicembre, un accordo con la Russia, dove l’ex superpotenza di impegna a investire 15 miliardi di dollari in titoli di stato ucraini, riducendo di un terzo il prezzo del gas venduto ai “vicini” dell’Ucraina. Quindi, le festività, con il Natale ortodosso e il rigido inverno, sembravano aver spento la rabbia dei manifestanti.

Poi, però, lo scorso 16 gennaio il governo, scottato dalle proteste dei mesi precedenti, decide di adottare leggi che vengono definite come uno dei più gravi atti compiuti alla democrazia in Europa da decenni, limitando la libertà di espressione, aumentando le pene per i reati di opinione e limitando i raduni tra cittadini.

Da quel momento, il risultato è stata una nuova, brutale esplosione di proteste e, soprattutto, violenza che da Kiev si è allargata ai margini del Paese. Manifestazioni che, comunque, riescono a convincere per il ritiro del pacchetto di leggi liberticide, al caro prezzo di diversi manifestanti morti in seguito agli scontri. 

Ieri, di fronte all’ennesimo rinvio del Parlamento ucraino di discutere le riforme costituzionali al fine di ridurre i poteri del presidente, la rabbia è tornata a occupare le piazze ucraine, degenerando a quello che, finora, è stato il giorno più nero dall’inizio delle proteste contro Yanukovich: il bilancio dei morti è salito a 25, tra cui alcuni giornalisti, e gli incendi appiccati ai presidi costituiti dai manifestanti. La situazione sembra, al momento, fuori controllo e tutto il mondo guarda con apprensione all’evolversi del quadro in Ucraina.

Francesco Maltoni

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