Ieri, accettando il mandato da premier, il segretario Pd ha indicato una riforma radicale nell’arco di tre mesi: si comincia dalle novità istituzionali, per passare al lavoro, alla pubblica amministrazione e, poi, a maggio, l’intervento sul fisco.
Dunque, si dovrà ancora attendere un paio di mesi, prima di iniziare a ragionare sui cambiamenti nell’universo complicatissimo della tassazione, ma emerge già un piano di intervento che il governo avrebbe intenzione di varare. Del resto, forzare la mano sul fronte del lavoro, non potrà prescindere da una ridefinizione anche del comparto di imposte che grava sul fronte dell’occupazione.
Ecco, dunque, che prende corpo la riforma fiscale di Matteo Renzi, secondo le prime indiscrezioni apparse sugli organi di informazione nazionali.
Obiettivo prioritario del nuovo presidente del Consiglio, consapevole che, sull’economia, si giocherà il destino del suo battesimo da premier, quello di rilanciare l’economia, attraverso un impulso forte ai consumi. Di conseguenze, potrebbero essere riviste le aliquote Irpef, così come non appare troppo fantasiosa un’ipotesi di allargamento delle detrazioni attualmente previste.
Come confermato da Graziano Delrio, ministro uscente per gli Affari Regionali e in odore di un ruolo centrale nel nuovo governo – per lui, infatti, un ministero di peso oppure l’incarico di sottosegretario alla presidenza del Consiglio – il fine sarà quello di aumentare il potere d’acquisto delle fasce meno abbienti, con intervento sulle aliquote Irpef fino a 25mila euro, cosicché, ha dichiarato l’ex presidente Anci “una persona che guadagna 1200 euro netti abbia a fine anno 4-500 euro in più, ossia una mezza tredicesima”.
Anche i redditi più elevati, però, dovrebbero ottenere delle agevolazioni, con l’aliquota che dovrebbe passare dal 38% al 35% entro i 55mila euro lordi, mentre a salire dovrebbe essere l’Irpef per chi guadagna oltre 120mila euro, con passaggio dal 43% al 45%.
Il lavoro, che, invece, sarà la riforma cardine del mese di marzo, e dovrebbe seguire le linee guida già tracciate nel “Jobs act”, dovrebbe conoscere la riforma fiscale nei termini di una cancellazione dell’Irap per tre o quattro anni per tutti gli assunti a tempo indeterminato, fino alla sua abolizione completa nell’arco della legislatura che, a parere del premier, dovrebbe arrivare al 2018 a scadenza naturale.
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