Certamente, allo stato attuale le condizioni che dovrebbero fare riflettere Matteo Renzi dal prendere il testimone di Enrico Letta, sono fortemente avverse al leader Pd. Probabilmente, lui è davvero il primo a esserne consapevole, ma quell’ambizione smisurata, per sua stessa ammissione, di essere a capo del governo, rimane più forte di qualsiasi altro deterrente.
Se, in ogni caso, Matteo Renzi non fosse ancora completamente certo, cerchiamo di sintetizzare i dieci motivi per cui dovrebbe tornare sui suoi passi prima di completare la frittata.
1. Matteo Renzi ha costruito la sua immagine come estraneo alla Casta, ma la manovra di palazzo di queste ore lo qualifica non solo come un suo affiliato, ma lo proietta al vertice di essa nell’immaginario popolare;
2. a questo proposito, basterà ricordare come ogni sondaggio svolto nelle ultime ore, abbia rsdicalmente stroncato l’iniziativa di Renzi: l’opinione pubblica fatica a comprendere cosa accade, il Pd sta dilapidano i propri voti e il segretario, dal plebiscito dello scorso 8 dicembre alle primarie, rischia di trovarsi già in minoranza nel suo stesso elettorato;
3. ciò che dovrebbe fare saltare la mosca al naso al sindaco di Firenze, è l’appoggio incondizionato ricevuto in direzione da compagni di partito come Gianni Cuperlo – primo sfidante alle primarie e presidente dimissionato per divergenze con la linea di Renzi – e, soprattutto, l’arcinemico Stefano Fassina,oggi fan della staffetta a palazzo Chigi;
4. più di tutto, però, una qualche riflessione dovrebbe suscitare il rumorosissimo silenzio di Silvio Berlusconi: da vent’anni, infatti, il Cavaliere si è abituato alle uscite tafazziane della sinistra e, così, spera che anche Renzi vada a sbattere, proprio come i suoi predecessori;
5. il rischio principale, paventato dall’unanimità degli osservatori, per Matteo Renzi, è infatti quello di bruciarsi: con le condizioni economiche attuali, varare riforme vere sul fronte economico e sociale, ossia ciò che nelle urne fa la differenza, è impresa quantomeno complicata, in grado di compromettere la sua candidatura alle elezioni che, presto o tardi, ci saranno;
6. con questa scelta, Renzi contraddice un anno di dichiarazioni critiche sulle larghe intese, sulla legittimazione popolare che deve avere un governo, sulle macchinazioni romane della politica a cui si è sempre dichiarato estraneo;
7. lo sdegno con cui è stata accolto l’imminente arrivo di Renzi a palazzo Chigi, porta inevitabilmente acqua al mulino di Beppe Grillo, che, ora, potrà fortificare la posizione del MoVimento 5 Stelle come unico baluardo in opposizione alla Casta;
8. i mercati, per ora, non hanno reagito alle notizie in arrivo da Roma: il polso dei listini si avrà settimana prossima, quando il governo sarà insediato, ma i primi commenti che ritraggono Renzi come “Demolition man” sul Financial Times, non sembrano troppo incoraggianti;
9. la maggioranza che dovrebbe sostenere il governo Renzi dovrebbe essere più o meno la stessa di Letta, dunque con la presenza determinante del Nuovo Centrodestra di Alfano, Formigoni, Schifani e compagnia: una congrega che, non appena riterrà opportuno staccare la spina all’esecutivo per tornare al voto al fianco di Berlusconi, lo farà;
10. soprattutto, però, Matteo Renzi deve temere una persona: Enrico Letta. In politica, malgrado la pacatezza e i toni morigerati, nulla passa in maniera indolore e, a maggior ragione, i nodi di questa faccenda, prima o poi, verranno al pettine, anche se l’ormai ex premier dovesse accettare il ruolo di ministro.
A quanto pare, però, tutte queste sono ragioni insufficienti di fronte all’esigenza del segretario Pd di prendere in mano la situazione e guidare il suo primo governo: qualcuno ha detto che il rottamatore è diventato restauratore, spetta a lui dimostrare il contrario e girare a proprio favore il vento.
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