La citata fattispecie delittuosa punisce con la reclusione da 6 mesi a 2 anni il soggetto passivo che non versi l’IVA, dovuta in base alla dichiarazione annuale, entro il termine per il versamento dell’acconto relativo al periodo d’imposta successivo. Il bene giuridico tutelato dal reato sembra potersi individuare nel diritto dell’Erario a vedersi corrisposta l’IVA incassata “per suo conto”, attraverso il meccanismo di rivalsa e detrazione, dal soggetto passivo IVA. La sanzione penale è finalizzata, pertanto, a punire il contribuente che si appropri dell’IVA dovuta allo Stato. La sentenza della Corte di Cassazione numero 2.614 del 2014 La Corte di Cassazione, sezione III penale, nella sentenza numero 2.614 del 2014 ha ripreso i principi di diritto enunciati dalle Sezioni Unite nella sentenza numero 37.424 del 2013.
In estrema sintesi la Suprema Corte ha negato che gli effetti di una crisi aziendale siano sufficienti per escludere l’elemento soggettivo del reato. Il contribuente, infatti, ha l’onere di “accantonare” l’IVA incassata per il successivo versamento all’Erario. Nel caso risolto dalla sentenza numero 2.614, tuttavia, i giudici di legittimità sembrano aprire uno spiraglio a un’interpretazione meno rigorosa della norma. La Cassazione, rigettando il ricorso del contribuente, afferma che quest’ultimo non ha dimostrato gli effetti della crisi aziendale tali da rendere l’inadempimento incolpevole. Da una lettura al contrario del principio enunciato sembrerebbe, pertanto, che se il contribuente avesse dimostrato la citata incolpevolezza sarebbe stata esclusa la rilevanza penale dell’omesso versamento. Alcune considerazioni sul reato di omesso versamento dell’IVA Si premette che l’omesso versamento dell’IVA non presuppone necessariamente che il contribuente si sia appropriato indebitamente dell’IVA di rivalsa incassata dal cessionario.
Il meccanismo dell’IVA, infatti, si basa sul meccanismo della rivalsa, oltre che su quello della detrazione. Il soggetto passivo cedente o prestatore addebita al proprio cliente l’IVA di rivalsa. Tale somma, al netto dell’IVA portata in detrazione sugli acquisti, viene poi versata all’Erario. Fatta questa premessa ci sono almeno due criticità insite nel reato di omesso versamento dell’IVA: per talune operazioni (generalmente le cessioni di beni) il soggetto cedente deve emettere la fattura al momento dell’effettuazione dell’operazione, a prescidendere dall’incasso del corrispettivo. In questi casi il cedente si rende debitore verso l’erario di un’imposta che non ha effettivamente incassato dal proprio cliente. Non si è in presenza, pertanto, di alcuna indebitata appropriazione a danno dell’Erario; la fattispecie di reato prevede una soglia di non punibilità espressa solo in valore assoluto (50 mila Euro) e non anche una soglia “relativa” parametrata alle dimensioni dell’impresa (attivo patrimoniale, ricavi, etc.), come avviene invece in altri reati tributari.
Appare evidente, pertanto, che gli imprenditori e i legali rappresentanti di società di maggiori dimensioni corrono maggiormente il rischio di ricadere nella fattispecie penale, anche se l’omesso versamento rappresentasse un importo ridotto in relazione al fatturato aziendale. E’ auspicabile, in conclusione, un intervento da parte del Legislatore volto a introdurre una maggiore flessibilità nella fattispecie di reato escludendo dalla rilevanza penale situazioni di omesso versamento incolpevole figlie dell’attuale contesto economico.
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