L’intervento del governo è arrivato a tempo di record dopo la sentenza della Corte europea dei Diritti dell’Uomo che, in settimana, aveva accolto il ricorso di una coppia di genitori italiani, i quali avrebbero preferito dare alla figlia il cognome della madre. Una disposizione, però, che l’ordinamento italiano ancora non consente.
A questo proposito, l’esecutivo ha pensato di correre ai ripari alla prima riunione dei ministri disponibile, quella di oggi, cioè, nel corso della quale sono anche state rifinanziate le missioni all’estero in cui sono impegnati i nostri militari.
La decisione sul ddl relativo alla fine dell’esclusività al cognome del padre, è arrivata, in aggiunta, proprio a seguito dell’entrata in vigore del recente dispositivo che mette sullo stesso piano figli nati fuori dal matrimonio a quelli concepiti all’interno di una relazione coniugale. A tal proposito, la potestà genitoriale viene sostituita dalla responsabilità genitoriale, che rimane in vigore anche a seguito dell’eventuale divorzio.
La nuova legge, relativamente ai processi, prevede inoltre che i minori, di almeno 12 anni, possano essere ascoltati nei processi. La previsione si allarga ai ragazzini ancora più giovani, “purché capaci di discernimento”.
Ecco, di seguito, il comunicato del governo sul ddl varato quest’oggi:
Il Consiglio dei Ministri ha approvato, su proposta del Presidente, Enrico Letta, e dei ministri della Giustizia, Annamaria Cancellieri, degli Affari Esteri, Emma Bonino e del Lavoro e delle Politiche Sociali, Enrico Giovannini, un disegno di legge contenente disposizioni in materia di attribuzione del cognome ai figli. Il testo dà piena attuazione alla sentenza della Corte Europea di Strasburgo e prevede l’obbligo per l’ufficiale di stato civile della iscrizione all’atto di nascita del cognome materno in caso di accordo tra entrambi genitori.
Nel dare piena attuazione alla sentenza della Corte europea inerente al cognome materno, tuttavia, il Consiglio dei ministri ha rilevato che la complessa materia presenta ulteriori profili che, oltre ad essere ovviamente aperti al dibattito parlamentare, saranno, in sede governativa, approfonditi da un gruppo di lavoro presso la Presidenza del Consiglio, con la partecipazione dei rappresentanti dell’Interno, degli Affari esteri, della Giustizia e delle Pari Opportunità.
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