Coloro che ricevono un mandato dal corpo elettorale hanno un non condizionato diritto di accesso a tutti gli atti che possano essere d’utilità all’espletamento del loro mandato, ciò anche al fine di permettere di valutare, con piena cognizione, la correttezza e l’efficacia dell’operato dell’Amministrazione.
Come diceva Luigi Einaudi “Bisogna conoscere per deliberare” ma, logicamente, prima bisogna accedere per conoscere.
Un abuso nell’esercizio del diritto di accesso, però, potrebbe intralciare le attività istituzionali ed ingolfare gli uffici.
Il contemperare il sacrosanto diritto di chi esercita un mandato popolare con il normale funzionamento della struttura burocratica dell’Ente pubblico è un problema di grandissima attualità.
L’ultimo caso è quello scoppiato a Siracusa, dove i vertici dell’Azienda Sanitaria Provinciale hanno annunciato il blocco all’evasione delle istanze di accesso di un deputato regionale per non “intralciare le attività istituzionali ed il buon andamento della pubblica amministrazione”.
Nei giorni scorsi, l’onorevole Stefano Zito, vicepresidente dalla Commissione Sanità dall’Assemblea Regionale Siciliana, ha ricevuto una lettera, sottoscritta dal Direttore sanitario, Anselmo Madeddu, e dal Commissario straordinario della struttura, Mario Zappia, nella quale si annunciava lo stop al rilascio delle copie di documenti.
Secondo i vertici dell’Asp “la copiosa, incessante e sistematica sequenza di accesso atti” esercitata “senza soluzione di continuità” sin dall’insediamento del deputato regionale del M5S comprometteva la normale attività istituzionale degli Uffici.
Una modalità nell’esercizio del diritto di accesso che, secondo Madeddu e Zappia, “non trova precedenti nella storia dell’azienda e sta mettendo davvero a dura prova gli uffici, ormai impegnati da mesi in un’estenuante ricerca di atti e di elaborazione dati”.
Per queste ragioni, l’Asp ha sospeso la trasmissione dei documenti richiesti dal troppo zelante deputato penta stellato per “un necessario approfondimento giuridico intorno alla corretta applicazione dell’istituto di accesso agli atti”.
I vertici dell’Asp hanno evidenziato di avere, fino adesso, consegnato a Zito numerosi dati e informazioni che gli uffici hanno potuto agevolmente produrre trattandosi di mera riproduzione di atti o di riepiloghi di dati.
Ad altre richieste, invece, come complesse elaborazioni tecniche, compilazioni di elenchi, o il compimento di altre attività onerose per gli uffici amministrativi e sanitari l’Azienda non si ritiene obbligata a dare seguito.
Non c’è dubbio che chi esercita un mandato elettorale, secondo il consolidato indirizzo giurisprudenziale, ha un non condizionato diritto di accesso a tutti gli atti che possano essere d’utilità all’espletamento del suo mandato (con pochissime eccezioni, tipo, per i consiglieri il brogliaccio del segretario comunale e, per parte della giurisprudenza, il protocollo generale dell’Ente), per promuovere, nell’ambito dell’organo di cui fanno parte, le iniziative che spettano ai singoli rappresentanti del corpo elettorale.
Chi esercita un mandato elettorale non ha alcun onere di motivare le proprie richieste di accesso all’Ente di cui fa parte, atteso che diversamente opinando sarebbe introdotta una sorta di controllo da parte degli uffici, sull’esercizio del mandato (anche se, in effetti, recentissima giurisprudenza si è discostata da tale indirizzo).
Il diritto di accesso da parte dei componenti di un organo elettivo si esercita in maniera immediata.
Deve anche aggiungersi che il diritto ad ottenere dall’Ente tutte le informazioni utili all’espletamento del mandato non incontra neppure alcuna limitazione derivante dalla loro eventuale natura riservata, poiché il richiedente è vincolato al segreto d’ufficio.
Tale esteso diritto, però, deve avvenire in modo da comportare il minor aggravio possibile per gli uffici (attraverso modalità che ragionevolmente sono fissate nel regolamento dell’Ente) e trova un limite nel fatto che esso non deve sostanziarsi in richieste assolutamente generiche ovvero meramente emulative.
Il diritto di accesso non deve invadere l’ambito riservato all’apparato amministrativo e non deve integrare, un abuso del diritto (Consiglio di Stato, sentenza n. 846/2013).
Il Consiglio di Stato (stessa sentenza già citata) ha ritenuto, ad esempio, legittimo il diniego opposto da un’Amministrazione comunale alla richiesta rivolta dai Consiglieri Comunali diretta all’estrazione di copie in assenza di motivazione in ordine all’esistenza dei presupposti del diritto di accesso, soprattutto in presenza di numerose e reiterate istanze, che tendono ad ottenere la documentazione di tutti i settori dell’Amministrazione, apparendo così tendenti a compiere un sindacato generalizzato dell’attività degli organi decidenti, deliberanti e amministrativi dell’Ente che non all’esercizio del mandato politico finalizzato ad un organico progetto conoscitivo in relazione a singole problematiche che di volta in volta l’elettorato.
Costante giurisprudenza del Consiglio di Stato ha chiarito che non si può pretendere che l’Amministrazione costruisca una documentazione allo stato non ancora esistente.
“Anche a voler ritenere che la nozione di “notizie e informazioni” sia più lata della nozione di “documenti” ravvisabile nell’art. 22 della l.n.241 del 1990 – scrivono i giudici amministrativi -, anche in tale situazione soggettiva speciale non può non valere il principio, affermato dalla Sezione (così Consiglio Stato sez. IV, 30 novembre 2010, n. 8359), secondo cui il rimedio dell’accesso non può essere utilizzato per indurre o costringere l’Amministrazione a formare atti nuovi rispetto ai documenti amministrativi già esistenti, ovvero a compiere un’attività di elaborazione di dati e documenti, potendo essere invocato esclusivamente al fine di ottenere il rilascio di copie di documenti già formati e materialmente esistenti presso gli archivi dell’Amministrazione che li possiede.”
Occorre, quindi, di contemperare nel modo più ragionevole e adeguato possibile le richieste di accesso, finalizzate all’espletamento del mandato, con le esigenze di buon funzionamento degli uffici che trovano fondamento diretto nella Costituzione stessa all’art. 97.
La stessa Commissione ministeriale per l’accesso ha chiarito, ad esempio, che ciascun Comune può limitare l’accesso a giorni specifici ed orari riservati e che questo non è lesivo delle prerogative del Consigliere comunale, purché sia garantito l’accesso nei tempi più celeri e ragionevoli possibili (parere 12 ottobre 2010).
Ciò trova conferma nell’indirizzo giurisprudenziale consolidato (cfr. C.di S. Sez. V. n. 929/2007) secondo il quale il diritto di accesso incontra, quale unico limite, la prerogativa concessa agli Uffici di poter esaudire la richiesta (qualora sia di una certa gravosità) secondo i tempi necessari per non determinare interruzione delle altre attività di tipo corrente (limite della proporzionalità e ragionevolezza delle richieste), restando ferma la “necessità di contemperare nel modo più ragionevole e adeguato possibile le richieste del Consigliere comunale, finalizzate all’espletamento del mandato, con le esigenze di funzionamento degli uffici. (C.d.S., Sezione V, del 17 settembre 2010, n. 6963).
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