Elezioni 2018: vincerà l’astensione, e (forse) il centrodestra

Con le Camere sciolte ufficialmente, si apre la fase di transizione in cui il governo rimane in carica per gli affari correnti, ma tutti i partiti sono pienamente coinvolti nella campagna elettorale. Dall’Epifania in avanti, meglio essere preparati: Renzi, Salvini, Berlusconi, Di Maio e tutti gli altri invaderanno non solo i teleschermi, ma anche gli smartphone, i quotidiani, le piazze con i manifesti e i mezzi pubblici, cercando di rubare la scena ai diretti concorrenti, e con il certo risultato di sfiancare l’elettore in questo tour de force pre voto.

L’appello contro l’astensione nel discorso di fine anno del presidente della Repubblica Sergio Mattarella, del resto, è pienamente motivato: tutte le consultazioni, europee, regionali e amministrative degli ultimi anni, hanno visto una partecipazione in continuo calo al voto, toccando in più occasioni i minimi storici anche per una terra politicamente attiva e coinvolta come l’Italia.

Ci troviamo nell’era del disincanto, in cui quasi nessuno ha più fiducia nelle potenzialità delle istituzioni e dei partiti in primis, nella loro effettiva capacità di cambiare le cose e incidere nella vita di tutti i giorni. Lo dimostrano le difficoltà che sta avendo il Pd in fatto di consensi, sebbene stia provando in tutti i modi a comunicare quella appena conclusa come la “legislatura delle riforme”, che però, visti i sondaggi, sembrano aver avuto un impatto limitato – almeno fin qui – nella società e nell’economia.

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E in questo quadro quanto mai incerto, chi potrebbe beneficiarne se non il redivivo Cavaliere? In attesa della sentenza di Strasburgo, Berlusconi non è ufficialmente candidabile alle prossime elezioni e dunque è in campo, invecchiato e stanco, come leader di rappresentanza. La sua sola presenza sui mezzi di comunicazione come nei passati decenni ha però spinto nell’acceleratore per Forza Italia, che contende alla Lega Nord il primato della coalizione di centrodestra.

Le proiezioni alla Camera

Secondo le proiezioni in base alle intenzioni di voto, il sito youtrend.it ha infatti elaborato quello che, a oggi, sarebbe lo scenario più probabile in Parlamento il 5 marzo, all’indomani delle elezioni politiche. Lo schieramento a guida Carroccio-Cav sarebbe dunque in pole position con il 34,6% dei voti, mentre Pd e cespugli vari si fermerebbero al 27,9%, tallonati dal M5S al 27,3%. Grasso, federatore dei movimenti di sinistra, porterebbe la sua lista “Liberi e uguali” a un ottimo 6,8% su base nazionale.

Con la legge elettorale in vigore, il cosidetto Rosatellum, a Montecitorio verranno assegnati 232 seggi con il maggioritario, e in base all’orientamento attuale al centrodestra andrebbero 265 seggi, di cui 140 con metodo proporzionale e 125 uninominali: per Forza Italia 120 eletti totali, Lega Nord appaiata a 110. Una maggioranza chiara, dunque, ma non assoluta, che andrebbe a coprire poco più di un terzo dell’emiciclo della Camera.

Il dato relativo al centrodestra, poi, va preso con le pinze perché secondo l’analisi più di 40 tra i seggi attualmente assegnati con il maggioritario sarebbero contendibili dalle altre formazioni. Insomma, un quadro a dir poco nebuloso si prefigura sul dopo voto.

Il Pd punta tutto sulla qualità dei candidati che dovrebbe fare la differenza – in questo senso, la presenza di personalità come Roberto Burioni e Lucia Annibali dovrebbe aiutare il partito di Renzi – ma anche nelle regioni cosiddette “rosse” la buona performance della lista Grasso rischia di far perdere qualche feudo importante ai dem. La proiezione alla Camera si ferma a 187 seggi per la coalizione di governo uscente.

Per il MoVimento 5 Stelle, che alla Camera dovrebbe raccogliere più di tutti i soggetti singoli con 140 seggi, la vera incognita rimane il Senato: lì, infatti, votano solo gli over 25, mentre Di Maio e i suoi hanno tra le proprie schiere più fedeli proprio i giovanissimi.

Francesco Maltoni

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