“Non so se accetterò il risultato. Dipende, deciderò sul momento”. Con queste parole, che segnano un punto inaudito nella storia delle elezioni presidenziali degli Stati Uniti d’America, Donald Trump potrebbe avere affossato definitivamente la propria candidatura alla Casa Bianca.
Si è tenuto nella notte il terzo e ultimo dibattito tra il tycoon repubblicano e la candidata democratica Hillary Clinton, prima delle elezioni di martedì 8 novembre, quando finalmente si concluderà quella che è già passata alla storia come la peggiore campagna elettorale di sempre.
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Gran parte del merito, ovviamente, va proprio a Trump, che ha aumentato, un confronto dopo l’altro, il proprio nervosismo e la propria aggressività nei confronti dell’avversaria, senza però riuscire a cambiare il vento di questa elezione. Che, ora più che mai, spinge fortissimo sulle vele dell’ex first lady, lanciatissima verso Washington.
Per la verità, il magnate ce l’ha messa tutta – così come era già avvenuto nel secondo faccia a faccia – per mettere alle corde la Clinton, attaccandola sui soliti argomenti, la vicenda delle email nascoste, i tre decenni nelle istituzioni e la fondazione filantropica che la vede in prima linea con il marito Bill. Temi, però, ormai logori, che probabilmente non varranno nuovi appoggi al candidato del Grand Old Party da parte delle fasce – tuttora ampie – di indecisi.
Trump al tappeto?
Secondo i primi sondaggi, Hillary Clinton avrebbe vinto anche questo dibattito, impressione confermata da vari organi di informazione statunitensi, in primis la CNN. È riuscita ad apparire più rassicurante, in special modo verso i tanti che ancora non hanno definito se votare e a quale candidato assegnare la propria preferenza. Ci sono poi, da non trascurare, i sostenitori dei due outsider, altri due candidati alla presidenza che, con le proprie percentuali a una cifra, potrebbero sottrarre voti preziosi, specie negli Stati chiave dove si deciderà questa tormentata elezione.
Se ovviamente per la certezza bisognerà aspettare lo spoglio definitivo, l’impressione è che in queste settimane la candidata democratica sia riuscita a rinsaldare la propria base elettorale e, insieme, a rosicchiare qualcosina tra i votanti indipendenti. Soprattutto, potrebbe aver convinto in maniera definitiva tutti i giovani che si erano impegnati per Bernie Sanders, l’anziano senatore sconfitto dalla Clinton nelle primarie interne ai democratici.
Dall’altro lato, Trump sembra non essersi ancora ripreso dallo scandalo del video, pubblicato nelle scorse settimane dal Washington Post, in cui parla in modo sprezzante del suo atteggiamento con le donne e di alcune abitudini sessuali.
Non lo aiutano, poi, alcune posizioni controverse, riemerse anche stanotte nel corso dell’ultimo dibattito, a cominciare dall’atteggiamento nei confronti della Russia. Trump non ha negato il feeling con Vladimir Putin e si è rifiutato di condannare l’hackeraggio compiuto da alcuni informatici del Cremlino in alcuni database di rilevanza nazionale. Di contro, la nominata democratica ha ricordato di aver collaborato con Obama alla cattura di Bin Laden, mentre lui – Trump – conduceva il reality “The apprentice”, arrivando a definirlo “il candidato più pericoloso della nostra storia”. E pochi minuti dopo, Trump si è ritrovato nell’insolita posizione di confermare quanto sostenuto dalla Clinton, mettendo in dubbio la legittimità del voto e, implicitamente, l’imparzialità delle istituzioni americane. Un peccato mortale per l’opinione pubblica statunitense, così fortemente legata ai simboli della propria nazione e alla solidità del sistema democratico. Un suicidio politico, per farla breve.
Sebbene Hillary Clinton non sia riuscita a costruire un’immagine del tutto convincente, ci ha pensato il suo avversario a darsi la zappa sui piedi, con alcune uscite fin troppo improntate a “buttarla in rissa” e, infine, arrivando a mettere in dubbio la regolarità delle elezioni. Quasi a voler preparare la sconfitta…
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