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Comunali 2016: cosa dicono i dati sui risultati
I dati parlano chiaro: a Roma Virginia Raggi e M5S attirano 88,5% dei voti di Forza Italia e 85,5% dei voti di Fratelli d’Italia; a Torino Chiara Appendino e M5S attirano 88,2% dei voti di Forza Italia e 90% dei voti di Lega Nord.
Insomma, chi al primo turno delle elezioni ha votato per il centrodestra, al secondo turno ragiona e vota in funzione antisistema, non essendo disposto a votare per il partito di governo, ovvero per il Pd.
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Forse è sbagliato proiettare su scala nazionale un voto locale, ma Roma e Torino potrebbero essere il laboratorio politico di quello che potrebbe accadere alle elezioni politiche se si votasse con l’italicum. Al secondo turno si potrebbe realizzare una convergenza dei voti del centrodestra verso il M5S.
Tenuto conto che il Pd pesa per un 33%, sul movimento convergerebbe il restante 66%, rappresentato dalla somma dei voti del centrodestra e della Lega. A quel punto il M5S avrebbe per cinque anni il governo del paese, se diamo per scontata l’approvazione della riforma costituzionale Boschi-Renzi.
E che cosa succederebbe in Europa?
Non dimentichiamo che il M5S ha più volte annunciato di voler mettere in discussione l’euro e di conseguenza l’appartenenza dell’Italia alla Unione monetaria europea. In questo periodo il sentimento europeista si è molto affievolito, della Unione europea si vedono più i costi che i benefici, e pochi oggi sarebbero disposti a morire per l’euro e per Maastricht.
Quindi in un referendum indetto dal M5S sulla permanenza dell’Italia nella Unione monetaria europea vincerebbe il fronte del lasciare piuttosto che quello del rimanere. E questo referendum richiama alla mente quello che in questi giorni interessa la Gran Bretagna, chiamata da David Cameron a decidere se restare o lasciare l’Unione europea.
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E che cosa succederebbe se l’Italia lasciasse l’Unione europea? Succederebbe che non riusciremmo più a collocare i nostri titoli del debito pubblico sui mercati finanziari, a meno che non si garantiscano elevati rendimenti, cioè elevati interessi, da pagare con sempre più pesanti manovre finanziarie.
In pratica sarebbe la bancarotta dello stato italiano, uno scenario che è stato respinto dalla stessa Grecia. Quando la Grecia è stata chiamata da Alexis Tsipras alle urne per decidere se continuare a sostenere il governo di sinistra di Siryza, la Grecia ha votato a favore del governo, cioè a favore di nuove politiche di austerità, cioè a favore della permanenza dell’euro.
Si dirà che il M5S non sarebbe così irresponsabile da fare un simile referendum sull’euro, ma i mercati finanziari vivono di aspettative, e dal M5S si aspettano un simile referendum, e quindi i mercati finanziari incomincerebbero a comportarsi di conseguenza, realizzando quello che è solamente un modello.
In questo modo aumenterebbe lo spread, cioè la differenza tra i tassi d’interesse dei Btp italiani ed i bund tedeschi, i tassi d’interesse dei Btp aumenterebbero, e di conseguenza aumenterebbero gli interessi sul debito pubblico. Che è lo scenario peggiore che ci porterebbe fuori dall’euro.
Quindi non è importante che il M5S faccia il referendum sull’euro, è sufficiente che i mercati finanziari se lo aspettino per portarci diritti fuori dall’euro. A tutto questo ha pensato Matteo Renzi quando ha imposto la sua riforma costituzionale?
Del resto non si può impedire alla gente di votare, né si può sempre pensare di governare perché la gente sceglie il meno peggio. E dove sta scritto che il meno peggio sarebbe il Pd? E poi perché gli elettori non dovrebbero considerare il M5S il meglio? Ci ha mai pensato Matteo Renzi?
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