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Pensione prima? Quando e per chi
I nati tra il ’51 e il ’55 potranno anticipare l’uscita dal lavoro fino a 3 anni prima rispetto alla soglia di vecchiaia. Questo grazie all’introduzione del nuovo prestito pensionistico (garantito dalle banche) che dovrà essere restituito nel corso di 20 anni.
Nonostante la rata potrà far derivare una riduzione della pensione piena potenziale che potrà arrivare fino al 15%, i lavoratori in situazioni particolarmente disagiate, ad esempio i disoccupati di lungo corso, subiranno penalizzazioni minime, se non addirittura azzerate: in tal caso infatti la “decurtazione implicita” dell’assegno dovrebbe essere al minimo per effetto di più alte detrazioni fiscali, differenti a seconda dei casi.
Queste ultime, da regolare anche tenendo conto del reddito e della categoria di appartenenza del singolo lavoratore, dovrebbero riuscire a contenere l’effetto dell’anticipo sull’assegno. Lo Stato, poi, per i soggetti più “deboli”, facendo appunto leva sulle detrazioni fiscali, si farà carico non soltanto degli interessi ma anche di una porzione del “capitale”, ossia della decurtazione “potenziale” della pensione.
Sono in sintesi queste le linee guida dell’Ape (Anticipo pensionistico)illustrate ai sindacati ieri dal ministro del Lavoro, Poletti, e dal sottosegretario, Nannicini, a margine del secondo round su previdenza e lavoro.
Pensione in anticipo: a quanto ammonterà la pensione?
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“Il montante pensionistico sarà quello raggiunto al momento della richiesta dell’anticipo”, ha chiarito Poletti; non si dovrebbero infatti computare i 3 anni di contribuzione ancora mancanti per poter raggiungere la soglia di vecchiaia. Il coefficiente di trasformazione utilizzabile, invece, sarà quello riguardante l’età di vecchiaia.
I beneficiari
L’intervento dal 2017 al 2019, quindi per i primi 3 anni, sarà sperimentale:
– nel 2017 verranno coinvolti i nati tra il 1951 e il 1953 (ossia gli over 63);
– nel 2018 i nati del 1954;
– nel 2019 i nati del 1955.
La platea beneficiaria dell’Ape dovrebbe essere compresa tra i 30mila e i 40mila lavoratori annui, anche per via del fatto che non tutti i lavoratori coinvolti potrebbero scegliere per l’uscita anticipata.
Una volta terminato il triennio sperimentale, l’operazione, che dovrebbe essere inserita nella prossima legge di Stabilità, potrebbe diventare a carattere permanente.
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