Il Consiglio di Stato ha, infatti, dato ragione alle famiglie con disabilità, rigettando ancora una volta l’appello presentato dal Governo.
NUOVO ISEE: L’INDENNITA’ PER LA DISABILITA’ PUO’ ESSERE CONTEGGIATA COME REDDITO?
La risposta, come confermato dal Consiglio di Stato e prima ancora dal TAR del Lazio, è negativa.
Nella sentenza, infatti si legge: “Deve il Collegio condividere l’affermazione degli appellanti incidentali quando dicono che ricomprendere tra i redditi i trattamenti indennitari percepiti dai disabili significa allora considerare la disabilità alla stregua di una fonte di reddito, come se fosse un lavoro o un patrimonio, ed i trattamenti erogati dalle pubbliche amministrazioni, non un sostegno al disabile, ma una remunerazione del suo stato di invalidità oltremodo irragionevole, oltre che in contrasto con l’art. 3 della Costituzione”.
In sostanza, quindi, viene respinta una definizione di reddito disponibile che ricomprenda anche la percezione di somme, nonostante siano esenti da imposizione fiscale: in pratica, le provvidenze economiche previste per la disabilità non devono essere conteggiate come reddito.
NUOVO ISEE: INDENNITA’ E REDDITO, COSA HA DECISO IL CONSIGLIO DI STATO?
Riguardo alla questione di indennità e reddito, il Consiglio di Stato nella recente sentenza ha così stabilito: “Non è allora chi non veda che l’indennità di accompagnamento e tutte le forme risarcitorie servono non a remunerare alcunché, né certo all’accumulo del patrimonio personale, bensì a compensare un’oggettiva ed ontologica (cioè indipendente da ogni eventuale o ulteriore prestazione assistenziale attiva) situazione d’inabilità che provoca in sé e per sé disagi e diminuzione di capacità reddituale”.
Secondo il Consiglio, in pratica, tali indennità o il risarcimento, essendo accordati a chi già si trova in una situazione di svantaggio, non arrivano a determinare alcun tipo di situazione economica migliore da parte del soggetto disabile rispetto al non disabile, “al più – si legge nella sentenza – mirano a colmare tal situazione di svantaggio subita da chi richiede la prestazione assistenziale, prima o anche in assenza di essa”.
“È una sentenza storica, perché nata dalla volontà di tante persone e famiglie vessate da una legge iniqua e ingiusta e da un governo che si è mostrato persecutorio nei nostri confronti”, è stato il commento di soddisfazione di Chiara Bonanno, una delle promotrici del ricorso, a rappresentanza di tutti i ricorrenti.
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