Con questa opzione, però, il rischio che si palesa è quello di escludere alcuni docenti abilitati, in primis gli insegnanti di A23, Lingua italiana per studenti stranieri e gli insegnanti di Scienze Politiche vecchio ordinamento che si sono laureati dopo l’anno accademico 2000/2001, e che soltanto nell’a.a. 2014/15 hanno avuto accesso, per la prima volta, ai TFA. Un concorso quindi che, già in partenza, rivelerebbe delle lacune.
A confermare che l’intenzione del Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca rimane quella di bandirlo per tutte le classi di concorso, a prescindere da classi di concorso esaurite o aventi iscritti in GaE (nei confronti dei quali sarebbero riservati 30mila posti), è intervenuto ieri anche Marco Campione, uno dei responsabili degli Uffici di Diretta Collaborazione con il Miur.
Il Sottosegretario di Stato del ministero, Davide Faraone, ha poi dichiarato che i posti per classe di concorso potrebbero conseguire anche dalle opzioni scelte in questi giorni dai collegi docenti per l’organico di potenziamento. Novità, invece, potrebbero derivare dalle prove.
Sono diverse, infatti, le voci che da tempo parlano di voler dare più peso ai contenuti didattici, metodologici e pedagogici. Si tratterebbe, in pratica, di attribuire maggiore rilevanza alla capacità mostrata dal candidato di stare in classe, sia durante l’esame scritto, con la risoluzione dei casi concreti, che nel corso della prova orale, di cui dovrebbe sempre far parte la lezione simulata.
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