A fare chiarezza, fino ad oggi, sono arrivate ben quattro circolari dall’Agenzia delle Entrate (10/E, 27/E, 30/E, 31/E) alle quali presumibilmente se ne aggiungerà un’altra a breve. Per una corretta adesione alla voluntary disclosure, quindi, tra norme vigenti e indicazioni nuove sono diverse le incongruenze che potrebbero vanificarne la validità.
Ad esempio, si ricorda che sono ammessi all’adesione della procedura anche le persone fisiche, gli enti non commerciali, le società semplici e le associazioni equiparate che, al momento della presentazione della richiesta di accesso della procedura, non sono fiscalmente residenti in Italia.
L’aver fatto parte della lista Falciani, inoltre, non costituisce causa ostativa per il rientro dei capitali, a condizione però che il contribuente presente nella suddetta lista non sia venuto formalmente a conoscenza dell’attivazione, a suo carico, di controlli di natura fiscale o penale per aver violato le disposizioni tributarie.
Coloro che poi sono titolari di una delega operativa sul conto corrente estero di una persona fisica, qualora volessero aderire alla procedura, sono tenuti a presentare un’istanza autonoma. Gli amministratori di società di capitali estere, aventi poteri di firma sui conti correnti delle società, non sono interessati dalla voluntary, a differenza invece dei procuratori di società di capitali estere che hanno delega di firma sui rapporti finanziari.
Il luogo di detenzione degli asset ha ripercussioni sia sulle sanzioni applicabili che sui periodi accertabili. Si ricorda, infatti, che fino al 2012 rileva la detenzione alla fine del periodo d’imposta, mentre nel 2013 vale la detenzione nel corso del periodo d’imposta. Più genericamente, conta il luogo nel quale è detenuta l’attività.
Il raddoppio dei termini per la verifica per Irpef e monitoraggio fiscale vale esclusivamente nel caso di asset detenuti in Paesi black list che alla data del 2 marzo 2015 non avevano firmato accordi di scambio di informazioni con il nostro Paese. Al contrario, la non punibilità penale per i periodi d’imposta non più accertabili riguarda tutti i Paesi .
La circolare 31/E del 2015 interviene, poi, rendendo l’utilizzo dello strumento dell’autocertificazione non valido ai fini della giustificazione della provenienza e dell’identificazione del momento in cui il contribuente è entrato in possesso di valori detenuti in cassette di sicurezza. Al contribuente viene comunque lasciata la possibilità di arrecare prove di natura indiretta.
Nessuno sconto, invece, sulle sanzioni per le violazioni su registro, imposta sulle successioni e donazioni, ad eccezione della circostanza in cui il contribuente sia in grado di fornire adeguata documentazione a riguardo. Riduzioni invece ci sono per le violazioni sulle patrimoniali estere: Ivie e Ivafe.
Secondo quanto emerge dalla circolare 27/E/2015, invece, una società estero vestita (société civile immobilière – Sci) di fatto va considerata come una società semplice italiana e dunque soggetta ai dovuti obblighi di monitoraggio fiscale, spettando dunque alla medesima società aderire alla procedura. I soci residenti in Italia, contrariamente, dovranno presentare un’autonoma istanza per regolarizzare le rispettive posizioni.
Per i contribuenti, poi, che hanno aderito ai vecchi scudi fiscali è richiesto di fornire indicazioni al riguardo in un’apposita sezione della relazione di accompagnamento all’istanza di adesione, onde evitare di far loro pagare quanto già regolarizzato. Per avere riduzioni sulle sanzioni per le attività detenute in Paesi che in passato erano black list, non è necessario il waiver a condizione però che i suddetti Paesi, al momento di entrata in vigore della legge 186/2014, siano stati valutati come collaborativi (lo sono ad esempio San Marino, Lussemburgo, Malta, Cipro, Singapore e Corea del Sud).
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