Insomma, Renzi non vuole sorprese e anzi, afferma di non attendersi agguati dai compagni di partito, i quali, come noto, non hanno certo lesinato critiche nei giorni scorsi.
Ma il vero colpo di scena, se il testo diventerà ufficiale nelle prossime ore, è la scomparsa di qualsiasi riferimento esplicito alla nuova disciplina dell’articolo 18, il terreno di scontro che ha portato faccia a faccia i sostenitori del premier e le frange più dissidenti all’interno del Partito democratico.
Non a caso, infatti, questa mattina un manipolo di senatori tra cui anche il combattente Corradino Mineo, si ritrova nelle stanze di palazzo Madama per definire la posizione in merito al provvedimento che, con ogni probabilità, arriverà al voto nel pomeriggio dopo il discorso in aula del ministro del Lavoro Giuliano Poletti.
Cosa cambia nel maxiemendamento
Come detto, nel testo sparisce qualsiasi riferimento esplicito all’articolo 18, la cui revisione viene rimandata ai decreti delegati che faranno seguito al ddl, una volta che questo avrà concluso l’iter di approvazione in Parlamento.
Novità invece riguardano il demansionamento, un altro punto su cui renziani e il gotha ex Ds sono venuti allo scontro. Ora, non si potrà ricorrere a questo espediente per giustificare tagli allo stipendio, preservando, in questo modo, anche la professionalità del lavoratore.
Voucher. Cambia anche la disciplina del ricorso alle chiamate, con prospettiva di modificare, sempre con i provvedimenti che seguiranno, tetti e termini di utilizzo, pur rimanendo nei limiti dell’attuale normativa.
Ma la più importante novità, che è poi una conferma, questa sì, delle intenzioni del governo in materia di rapporti di lavoro, è il via libera al contratto a tutele crescenti, che assumerà i caratteri di prevalenza sulle altre forme atipiche di subordinazione, le quali andranno via via ridotte.
Infine, l’impegno a partire, già con la prossima legge di stabilità 2015, a stanziare risorse per gli ammortizzatori sociali: un impegno, questo, che dovrebbe accontentare i dissidenti e convincerli, alla fine, a votare sì alla fiducia.
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