Come previsto, dunque, non ci sono stati ritardi nell’ufficializzazione delle motivazioni che hanno portato la Consulta, per la prima volta, a dichiarare illegittima una legge elettorale, norma che regola la rappresentanza del popolo nelle istituzioni.
Nel giorno di emanazione, lo scorso 4 dicembre, era stato reso noto uno stralcio del dispositivo, in cui erano sintetizzati i punti che, a parere della Corte costituzionale, rendevano il Porcellum inapplicabile nella formula in cui è stato utilizzato ben tre volte nelle ultime elezioni politiche.
Così, il deposito delle motivazioni avvenuto ieri conferma i punti principali contestati dalla Corte, in particolare le liste bloccate e la mancanza delle preferenze. Sono questi, conferma il testo integrale, i due nei più evidenti di una legge che, ora, rimane in vigore ma riadattata alle considerazioni della Consulta.
Sulle preferenze, scrive la Corte, il cittadino si è trovato a “scegliere in blocco anche tutti i candidati in essa elencati”, accogliendo o respingendo in toto le liste degli aspiranti deputati o senatori. Un’eccezione assoluta nel panorama europeo, tale da renderla incomparabile con altri sistemi.
Ma ciò che più interessa, anche per scorgere eventuali sviluppi del dopo Consulta, riguarda il Parlamento in carica: esso è pienamente legittimo, sostiene la Consulta, poiché “gli atti posti in essere durante il vigore delle norme annullate, compresi gli esiti delle elezioni svoltesi e gli atti adottati dal Parlamento eletto”, non vengono scalfiti in alcun modo assicurano i giudici.
Ora, infine, la sentenza riscrive la legge elettorale in vigore, che diventa un sistema proporzionale puro con possibilità di preferenza, la quale può essere introdotta, ricorda la Consulta, per mezzo di “interventi normativi secondari”. Insomma, la Corte, non si è limitata a bocciare a legge in vigore, ma con le motivazioni complete suggerisce alla classe politica come rendere applicabile quella residua.
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