Insomma, se il criterio per il pagamento dell’Imu a gennaio 2014, doveva essere quello dell’incremento del tasso di aliquota oltre il limite suggerito dallo Stato al 4 per mille sulle prime case e allo 0,76% per le successive, quasi un Comune su tre da nord a sud ha scelto per questa soluzione. Forse per carenze di entrate, forse per approfittare di uno dei pochi margini concessi dal governo alle politiche restrittive verso gli enti, dunque, l’opportunità è stata colta da moltissimi consigli comunali che, entro lo scorso novembre, hanno deliberato l’incremento dell’aliquota.
A tutela dei contribuenti, la pubblicazione ufficiale dell’incremento di aliquota deve essere avvenuta entro lo scorso 9 dicembre, pena, per gli eventuali municipi inadempienti, l’applicazione coatta dell’aliquota 2012. QUI L’ELENCO ANCORA IN COMPLETAMENTO DEI COMUNI CHE HANNO ALZATO L’ALIQUOTA
Le analisi dell’Ifel indicano la presenza di ben 50 capoluoghi di provincia tra i Comuni che hanno dato una spinta alle aliquote 2013, mentre quasi il doppio, oltre 5mila hanno optato per la conferma della percentuale 2012 sulle seconde case, restando al di sopra dello 0,76%. Infine, secondo le elaborazioni del centro studi Anci, sono 4550 gli enti che hanno genericamente ritoccato le proprie aliquote immobiliari nel corso dell’anno.
Più in profondità nel dati elaborati dall’Ifel, possiamo notare come i Comuni che hanno deciso di spingere la propria aliquota Imu al massimo son stati ben 333, mentre la fascia più gettonata è quella tra 5 e 6 per mille, con 1329 Comuni. Tra i top class, figurano anche 21 capoluoghi di Provincia, inclusi Milano e Napoli, dove le aliquote su ogni tipo di immobile sono stati alzati al massimo livello.
Diversamente, in quelle località dove per spostamenti turistici, le case restano vuote gran parte dell’anno, le seconde o terze abitazioni sono oggetto di un innalzamento dell’aliquota, che va a contenere l’incremento sulle prime case, le quali, insomma, si troveranno a essere esenti.
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