Davvero si tratterà di un obolo pressante per le famiglie, oppure siamo di fronte più a un allarmismo mediatico seguito all’incremento di una tassa già certamente ben poco amata dai contribuenti?
Nei giorni scorsi, previsioni e stime sulle conseguenze dell’aumento Iva si sono avvicendate per dare in pasto alle famiglie i primi dati sull’incremento dell’imposta.
Sicuramente, tra le previsioni peggiori figura quella del Codacons, che ha calcolato esborso extra per le famiglie italiane pari a 349 euro sull’anno e relativo crollo dei consumi superiore al 3%. Insomma “un’ecatombe per il commercio”, stimava l’associazione, sia in ottica dei consumatori che, come si diceva, nei riguardi degli esercenti, i quali sembrano la categoria più martoriata naturalmente sopo le famiglie.
Ma per avere una media realistica delle ricadute sull’aumento Iva al 22%, è necessario capire quali sono i beni coinvolti nella crescita dell’aliquota. Ebbene, come noto, non sono tutti i prodotti che si trovano regolarmente sugli scaffali dei supermercati a essere toccati dalla crescita Iva, ma una parte comunque importante di questi, corrispondente a circa il 40,7% della spesa media della popolazione italiana.
Dunque, calzature, alimentari, bevande, ma anche prodotti tecnologici, hi-fi, computer, ormai entrati a fare parte della quotidianità degli individui, nonché importante capitolo di spesa nel corso dell’anno per ogni bilancio domestico.
Secondo i dati elaborati dall’Istat, dunque, i prodotti investiti dall’aumento Iva riguardano spese che ogni famiglia italiana ha sostenuto nella quantità di 2419 euro nel 2012, di cui 468 in alimentari e 1951 in prodotti e servizi di altro genere.
Benché, dunque, vada sottolineato che le altre fasce di prodotti acquistati con regolarità dalle famiglie siano soggetti ad aliquote inferiori dell’Iva al 4% o al 10%, il risultato del balzo Iva al 22% corrisponde a 114 euro in più da sborsare per ogni nucleo, che si differenzia per 130 euro al nord, 119 al centro e 91 al sud. Insomma, pare che l’impatto della nuova aliquota sarà più contenuto che nelle previsioni più drammatiche, ma siamo comunque di fronte a un pagamento in eccesso rispetto alle normali spese famigliari, che sicuramente non mancherà di farsi sentire nella normale condizione economica delle famiglie.
Ecco, dunque, perché il governo vuole arrivare a rivedere il paniere dei beni sottoposti all’incremento nella prossima legge di stabilità: un intervento potrebbe, in teoria, risultare più efficace di un generico ritorno al 21% che rischia di essere solo temporaneo.
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