Questa mattina, così, il premier inizierà proprio dall’Aula in cui si decideranno, con ogni probabilità, le sorti della sua prima esperienza dalla guida del Consiglio dei Ministri: il Senato.
Alle 9:30, Enrico Letta varcherà la soglia di palazzo Madama per tenere il suo discorso, nel corso del quale cercherà di “richiamare all’ordine” i senatori che potrebbero voltargli le spalle.
La ragione dello strappo, del resto, è ben nota: Silvio Berlusconi, leader del Pdl, secondo “azionista” del governo, ha imposto le dimissioni ai ministri del proprio partito, con l’obiettivo dichiarato di andare alle elezioni il prima possibile, in scia ai guai giudiziari che lo vedono sempre più in difficoltà. Dopo la condanna definitiva in Cassazione del primo agosto e la decadenza pronunciata in Giunta per le elezioni del Senato, il Cavaliere ha dunque deciso di tentare l’ultima carta prima che la pena – indultata a un anno – diventi efficace, come atteso per le prossime settimane.
Una linea che, però, ha trovato sorprendentemente alcuni dissensi in seno al partito di centrodestra e in particolare proprio tra gli esponenti del governo Letta che hanno, sì, rassegnato le dimissioni come da ordine di scuderia, salvo, poi, rimarcare la propria differenza dalle posizioni dei berlusconiani di ferro. Così, Alfano, Lupi, Quagliariello e gli altri ex ministri, guidano la fronda per continuare l’esperienza del governo Letta, in aperto contrasto con il loro storico leader, per la prima volta assoluta.
Di fronte a questo scenario, dunque, le chance per Letta non paiono del tutto tramontate: se tutto il gruppo in Senato del Pdl dovesse voltargli le spalle, il premier finirà per alzare bandiera bianca, ma se all’interno del partito di Berlusconi le divisioni dovessero prevalere, con tanto di rischio scissione, allora il cammino dell’esecutivo potrebbe proseguire. Un esito auspicato, ieri, da Carlo Giovanardi, che ha annunciato la disponibilità di 40 parlamentari Pdl ad accordare la fiducia a Letta, in contrasto con la linea ufficiale del partito.
Come andrà a finire, lo si scoprirà in giornata, con le repliche dei singoli capigruppo, che porteranno il dibattito al Senato a una durata di circa 2 ore, cui potrebbe seguire la mozione di fiducia che porterebbe alla conta invocata dallo stesso premier nelle ultime ore. Lo scenario si ripeterà nel pomeriggio alla Camera, dove Letta arriverà alle 16 per fare il punto sul quadro politico. Entro sera, insomma, dovremmo sapere con certezza se in Italia c’è ancora spazio per le larghe intese o se, viceversa, si profileranno nuove elezioni anticipate, in pieno autunno.
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