Alla fine, dunque, Berlusconi ha ceduto al pressing dei ministri Pdl – Alfano, Lorenzin, Lupi, Quagliariello – più altri esponenti che avevano dichiarato di voler votare la fiducia. I distinguo all’interno della forza politica del Cavaliere erano emersi subito dopo il doppio diktat del leader sulle dimissioni dei deputati, senatori e poi anche dei ministri del governo, che lo stesso premier ha infine respinto.
Ad accordare la fiducia al governo Letta, i gruppi parlamentari del Pd, Scelta civica, Autonomie locali e Pdl. Dunque, la pattuglia di una trentina di dissidenti tra Pdl e Gal emersi in mattinata è risultata vincitrice nel braccio di ferro interno alla coalizione. Una fazione che, a sentire uno dei membri più noti, Roberto Formigoni, avevagià assunto il nome di “Popolari”.
Alcuni passaggi concitati hanno acceso la discussione in Aula sotto l’osservazione vigile del presidente del Senato Piero Grasso, che è dovuto intervenire più volte a calmare gli animi di un dibattito molto acceso, in particolare dopo il primo intervento del presidente del Consiglio.
Momenti intensi, nei quali sono state diramate le liste degli “eversivi” del centrodestra, con tanto di foglio firmato nominalmente dagli esponenti Pdl in fuga dal gruppo di appartenenza e dalla linea dettata dal leader Berlusconi. In un primo momento, pareva confermata posizione ufficiale del Pdl per il no alla fiducia, coerentemente a quanto dichiarato nei giorni scorsi dai fedelissimi dello stesso Berlusconi. Poi, però, alla luce di un tira e molla che avrebbe visto il partito andare incontro a una scissione, il Cavaliere ha dovuto frenare i propri impulsi distruttivi sul governo e accettare di votare sì alla fiducia.
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