Dunque, svaniscono le due rate di giugno e dicembre, la prima delle quali era stata prorogata a settembre, in attesa di un intervento più ad ampio spettro che il governo ha mantenuto nei tempi prefissati (si era detto entro la fine di agosto).
Ora, però, si inizia già a pensare alla nuova tassa, che prenderà il posto, in un colpo, sia dell’Imu che della Tares, orientandosi a coprire una gamma amplissima di servizi pubblici locali.
Vediamo, così, come la nuova imposta si ispirerà ai principi del federalismo fiscale che entreranno in vigore a partire dal 2014, secondo le istruzioni della Bicamerale che aveva disposto l’attuazione nella passata legislatura.
A riscuotere la Service Tax, saranno proprio i Comuni, che dell’Imu avrebbero dovuto spartire il gettito con l’erario e, invece, si troveranno deputati alla riscossione della nuova tassa in arrivo dall’anno prossimo.
La Service tax sarà divisa in due tronconi di utilizzo delle risorse: da una parte, la gestione dei rifiuti urbani e, dall’altra, la copertura dei servizi indivisibili.
Si tratta, nella fattispecie, della Tari, che verrà richiesta a chiunque occupi a qualsivoglia titolo o ragione aree ritenute in grado di produrre rifiuti urbani. In questo modo, le aliquote in base alla superficie occupata verranno calibrate da parte degli esperti del Comune in misura non rigida, ma tenendo conto che il principio della contribuzione per chi generi inquinamento resta comunque valido.
Passando alla seconda “metà” della nuova Service Tax, si arriva alla Tasi, il balzello che graverà su chi si trovi ad occupare i fabbricati: in questo modo, la base imponibile a cui l’ente potrà riferirsi potrà derivare dalla superficie oppure dalla rendita catastale dell’immobile. L’onere penderà sia sul proprietario che sull’occupante, nel primo caso per il valore commerciale derivante anche dai servizi pubblici, nel secondo per la fruizione dei servizi stessi di nettezza e ritiro.
Così, tornando al principio federalista, quanto verrà raccolto tramite la Service Tax verrà trattenuto in cassa, con un margine di autonomia per la chiarificazione delle aliquote, ma sempre con l‘obiettivo di non incrementare il peso tributario sui contribuenti.
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