Dunque, nonostante le indiscrezioni piovute nelle ultime settimane, sembra tutto rimandato a data da destinarsi. Niente più flessibilità in uscita, e con ciò sembra cadere anche l’ipotesi dei bonus e delle penalizzazioni, nella misura di quattro anni in ritardo o in anticipo sulla data dei 65 anni arrivata con la riforma Fornero.
Per la verità, l’età minima dal 2011 è già passata al minimo anagrafico di 66 anni al millesimo, per effetto dell’incremento della speranza di vita e dei regimi minimi introdotti dal decreto contenuto nel maxi pacchetto del Salva Italia. Secondo quanto le ultime dichiarazioni di Giovannini lasciano intendere, infatti, il governo a breve scadenza dovrebbe occuparsi soltanto della questione esodati, favorendo il reintegro dei 130mila salvati dall’esecutivo di Mario Monti e, insieme, approvando strumenti rivolti alla protezione dei possibili “esodandi”.
Nessuna rivoluzione all’orizzonte delle pensioni, anche perché “Tale riforma ha contribuito in modo decisivo – ha spiegato Giovannini – a determinare la sostenibilità di lungo periodo della finanza pubblica italiana”. Insomma, nulla è in programma nel breve periodo, se non uno studio previsto per la fine dell’estate finalizzato a trovare una minore rigidità per l’addio alla scrivania, ma niente di più è al momento assicurato.
Tramonta, per questo, anche l’ipotesi di rispolverare la proposta Damiano, quella dei 62 anni di età con 35 di contributi, che avrebbe dovuto fungere da nuovo riferimento della previdenza dopo lo shock delle legge Fornero, che a quanto pare resterà nella pienezza delle sue articolazioni normative anche nei prossimi mesi, o forse anni.
A meno che, e questa è attualmente l’unica speranza di novità nel breve periodo, il comparto pensionistico non venga collegato al piano di intervento per favorire l’occupazione giovanile, il quale, come ha annunciato ieri il premier Letta, dovrebbe essere oggetto del prossimo Consiglio dei ministri, con una proposta messa sul tavolo per favorire la detassazione dei neo assunti in età post-scolare.
Tra l’altro, proprio gli interventi prossimi sul lavoro dei giovani dovrebbero inserirsi nel piano europeo dello Youth guarantee, volto all’abbattimento della disoccupazione under 35 che sta falcidiando il vecchio continente. Non a caso, infatti, Giovannini ha notato che proprio la riforma Fornero – e la sua omologa sul mercato del lavoro – hanno contribuito in misura determinante al rispetto dei patti stabiliti in sede comunitaria, scacciando i fantasmi dello spread e della speculazione finanziaria. Un provvedimento che, ha osservato il successore di Elsa Fornero “testimonia l’impegno del nostro Paese per la stabilità e il rafforzamento dell’economia europea e dell’Unione Monetaria, obiettivo al quale il governo italiano sta lavorando intensamente”.
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