Resta però, una piccola speranza: l’ingresso, cioè, della riforma previdenziale nel paletto numero 4 che i tecnici di Bruxelles imporranno, proprio a partire da oggi, alle politiche di bilancio e di ammodernamento italiane.
Vediamo brevemente in rassegna quali sono queste sei consegne affidate al governo Letta e ai suoi ministri. In primo luogo, l’Europa chiede all’Italia di rispettare gli obiettivi di medio termine sulla finanza pubblica, mettendo in pratica e implementando le migliorie della spending review, in corrispondenza di un debito ancora in salita nei prossimi due anni. Quindi, secondo punto richiesto dai contabili europei, un intervento deciso sia per modernizzare la pubblica amministrazione che per rendere più rapidi i processi civili, fardello del sistema giudiziario italiano. Al numero 3, invece, si trova l’invito a rendere più efficiente la gestione bancaria, mentre, come dicevamo, al 4 vengono elencate le priorità in termini di lavoro. Ultimi due traguardi che l’Italia deve raggiungere per non tornare nel girone degli osservati speciali, una strenua lotta all’evasione fiscale e un piano di infrastrutture al passo coi tempi e gli altri Paesi.
Piano ambizioso, che dovrebbe però trovare la prima applicazione, secondo quanto annunciato dal governo, proprio sul fronte lavoro e welfare. Resta da capire se e in che misura il ministro Giovannini riuscirà a tenere fede alla sua promessa di riportare tutti gli esodati già inseriti nei decreti di salvaguardia alla pensione entro fine anno e, insieme, varare un nuovo piano di flessibilità in entrata e uscita dal lavoro.
A questo proposito, si guarda all’estero per i piani a favore dei giovani che stanno varando Francia e Germania, ma tutto dipenderà dalle risorse che il governo riuscirà a mettere in campo. Entro il mese di giugno, dovrebbe arrivare sul tavolo con le parti sociali la proposta del governo su apprendistato, incentivi fiscali e contratti a termine più convenienti, cui farà da contrappeso il ritorno di elasticità nell’uscita dal lavoro, con bonus e penalizzazioni oltre – o, diversamente, in anticipo – ai 65 anni di uscita e 35 di contributi.
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