Durante la campagna elettorale, infatti, il Pdl aveva richiesto una rielaborazione dello strumento e anche ambienti del Pd hanno ventilato una revisione rispetto al decreto attuativo datato 24 dicembre 2012. In ogni caso l’ultima parola sulla partenza del nuovo redditometro toccherà al ministro dell’Economia, Fabrizio Saccomanni, a scanso di cambiamenti nella linea strategica di contrasto all’evasione fissato dalla politica.
Nel frattempo, però, si pianifica un abbandono delle medie Istat, che pure erano una parte fondamentale, almeno a giudicare dal decreto. Stando a quanto affermato dal direttore delle Entrate, Attilio Befera, e del suo vice, Marco di Capua, all’indomani dell’emanazione del Dm attuativo, la circolare operativa del Fisco sancirà l’abbandono – almeno parziale – alle medie statistiche. Contro l’impiego di questi valori, infatti, si è generata immediatamente una grande polemica a cominciare dalle associazioni di categoria e da quelle dei consumatori, come l’Adusbef, che hanno perfino dato mandato ai legali di impugnare il Dm dalle Commissioni tributarie al Tar del Lazio.
Del resto il nuovo redditometro – ancor prima di partire – è già finito nel mirino dei giudici. Prima un’ordinanza del 21 febbraio scorso del Tribunale di Napoli (sezione di Pozzuoli) ha bocciato la modalità di calcolo delle spese e la raccolta delle informazioni, riscontrando una possibile violazione della privacy. Poi la Commissione tributaria di Reggio Emilia ha considerato il nuovo meccanismo illegittimo e da disapplicare anche perché viola il diritto alla difesa in quanto rende impossibile fornire la prova di aver speso di meno rispetto alle medie Istat.
E, proprio per evitare altre polemiche pur senza penalizzare l’efficacia in fase di accertamento, le medie Istat entreranno in funzione solo per calcolare le spese del contribuente destinate a elementi certi. In pratica nessun valore statistico dovrebbe riscontrare le uscite per abbigliamento o quelle per mangiare (dal supermercato al ristorante). Al contrario i costi di gestione di un immobile (spese di condominio) o di un’automobile – solo per fare alcuni esempi di beni regolarmente iscritti in pubblici registri e censiti dall’Anagrafe tributaria – saranno valutate nel redditometro in base alle medie o secondo i parametri di stima indicati dallo stesso decreto attuativo.
La circolare in preparazione, inoltre, proporrà a tutti gli uffici di esplorare ogni strada percorribile per non arrivare alla lite con il contribuente. Pertanto prima di un possibile contenzioso ci saranno tre tentativi degli uffici. Il primo è il contraddittorio che deve precedere per legge l’emanazione dell’atto di accertamento e nel corso del quale – questa è la novità – il contribuente non sarà chiamato a portare per forza le “pezze d’appoggio”, senza quindi obbligare a conservare tutti gli scontrini per dimostrare le spese effettive. Basteranno anche i ragionamenti (le cosiddette deduzioni logiche) con cui il soggetto controllato potrà dimostrare di non aver sostenuto determinati oneri.
Il secondo tentativo è legato a un altro strumento deflattivo del contenzioso: quando il contraddittorio non andrà a buon fine, l’ufficio potrà proporre l’adesione all’accertamento. Infine, se l’evasione contestata non supera i 20 mila euro il Fisco proporrà una mediazione al contribuente (passaggio diventato necessario dall’aprile 2012).
Nel mirino del Fisco resterà in ogni caso solo la grande evasione. La selezione dei 35 mila contribuenti da accertare con il redditometro sarà eseguita solo su una parte delle voci del decreto e la percentuale di scostamento tra spese sostenute e redditi dichiarati non sarà il 20% indicato espressamente dalle regole sul nuovo redditometro (oltre alla franchigia di 12 mila euro che dovrebbe essere garantita in base a quanto anticipato dai vertici dell’Agenzia nelle settimane scorse) ma molto più alta in modo da individuare davvero solo i finti poveri.
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