In realtà, dopo la presentazione dell’emendamento firmato da Alberto Giorgetti (Pdl) e Ugo Sposetti (Pd), il ritocco era stato in un primo momento dichiarato inammissibile. Ma le limature degli ultimi giorni devono averlo reso passibile di accoglimento se è vero che il testo in presentazione del decreto, domani, conterrà anche questa modifica.
Davvero sarà utile l’accisa sulla sigaretta elettronica per coprire i 40 miliardi di debiti che lo Stato deve consentire alle pubbliche amministrazioni di coprire in tempi rapidi? Niente di tutto ciò. Secondo le prime stime, infatti, la tassa che dovrebbe pendere sulla e-cig finirebbe per portare in dote all’erario qualche milione di euro, briciole rispetto ai 40 miliardi promessi alle Pa.
Va notato, infatti, che attualmente sulla commercializzazione delle sigarette elettroniche viene pagata la comune Iva, mentre non è prevista l’accisa invece applicata alla vendita dei tabacchi usuali. Ora, con l’emendamento al decreto sui debiti della Pa, viene allargato lo spazio di manovra che gli enti locali hanno tra i vari livelli di governo per coprire eventuali investimenti effettuati, cosicché possa venire introdotto anche questo balzello. Insomma, una sussidiarietà di bilancio tra Regioni, Province e Comuni che introdurrebbe, tra i suoi nuovi caratteri, anche quello dell’imposta sulla vendita della sigaretta elettronica.
In sostanza, verrà applicata l’accisa come per i prodotti contenenti nicotina o surrogati del tabacco, in modo da non sfavorire troppo la presenza sul mercato delle classiche bionde, che, come certifica la protesta dei tabaccai di questi giorni, con tanto di esposto al Tar per bloccare la libera vendita delle elettroniche, stanno risentendo sensibilmente del boom della e-cig. Ma lo Stato dimostra di sapere badare a se stesso quando vede una voce di entrate colare a picco, anche se questo potrebbe favorire la salute dei cittadini.
Vai al testo dell’emendamento sulla tassa alla sigaretta elettronica
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