Stipendi e pensioni, infatti, possono essere a rischio, Equitalia ha la facoltà di effettuare il pignoramento a saldo, ossia su tutto il conto corrente. In assenza di una norma che fornisca la possibilità alle banche di scorporare dal conto corrente lo stipendio o la pensione dalle altre voci, tutto il contenuto è passibile di pignoramento in maniera indiscriminata.
A conferma di quanta ipotesi, come detto, sono state le dichiarazioni di Attilio Befera, direttore dell’Agenzia delle Entrate, durante le audizioni parlamentari in merito al decreto pagamenti, tenutesi ieri di fronte alla Commissione speciale per l’esame di atti del governo della camera e la Commissione speciale per l’esame di disegni di legge del senato ecco perché il direttore dell’Agenzia ha palesato la necessità di “stabilire una regola”.
In sede di audizione, dunque, il direttore sconfessa quanto dichiarato il 10 aprile scorso da Equitalia; quest’ultima, infatti, aveva dichiarato non aveva la possibilità di “conoscere a priori quello che viene depositato sul conto corrente, però adotta gli eventuali correttivi del caso, in presenza di una richiesta da parte del contribuenti che comprovi che sul conto corrente confluisca la pensione, lo stipendio o un’altra indennità”.
Un orientamento in questo senso da parte dell’Agenzia delle entrate viene giustificato da Befera stesso, mediante la presenza di una lacuna normativa. L’assenza di una norma esplicita, che consenta agli istituti bancari di scorporare ciò che affluisce nei conti correnti, fa si che Equitalia debba mettere le mani sull’intero saldo e non solo sul quantum dello stipendio o della pensione.
In sede di audizione poi è stata trattata la questione della compensazione dei crediti commerciali con i debiti fiscali, ossia possibilità di impiegare i debiti delle pubbliche amministrazioni per compensare le somme dovute in base agli istituti definitori della pretesa tributaria e deflattivi del contenzioso tributario. Ad oggi, nell’ambito dei rimborsi d’imposta, il limite fissato per la compensazione tra crediti e debiti fiscali è di 516 mila euro.
A tal proposito, il direttore delle Entrate ha chiarito che una volta verificato il credito mediante piattaforma telematica messa a disposizione dall’Agenzia nell’evenienza in cui gli enti debitori, come le Regioni e gli enti locali, non versino all’Agenzia l’importo del credito certificato, usato in compensazione, le somme saranno recuperate a carico dell’ente stesso tramite trattenuta dal proprio gettito tributario.
In questo caso particolare poi sarà l’Agenzia a dover trasmettere l’importo dei crediti non reperiti a carico degli enti al ministero dell’interno e dell’economia e delle finanze, di modo che i ministeri stessi siano in grado di trattenere tali somme dai trasferimenti dovuti dallo Stato agli enti stessi a qualsiasi titolo.
Concludendo il suo intervento Befera ha poi messo in evidenza che ” l’attuale crisi di liquidità in molti casi ha impedito la definizione della pretesa tributaria derivante dall’attività di accertamento. In questa ottica il nuovo meccanismo della compensazione, potrà contribuire ad accrescere il ricorso definitorio della pretesa tributaria, anche se ad oggi è difficile quantificarne l’entità”. Ha poi aggiunto che nell’esercizio 2012, circa 234 mila contribuenti hanno impiegato gli istituti dell’adesione e dell’acquiescenza per stabilire circa 265 mila accertamenti emessi ai fini delle imposte dirette, dell‘Iva e dell’Irap.
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