I cardinali elettori presenti a Roma sono 111, per raggiungere il plenum (115) e così procedere alla votazione di apertura mancano all’appello il polacco Nycz, il cinese Tong Hon, il vietnamita Minh Man ed il tedesco Lehmann. I prelati stranieri hanno messo piede in Vaticano dilazionati, raggiungendo la sede in piccoli gruppi e consumando pressochè invano due sedute congregazionali. L’intento dei porporati stranieri sembra dunque quello di rallentare i tempi di adunanza, concedendo a tutti la possibilità di conoscere da vicino i recenti sviluppi curiali. I cardinali hanno votato a maggioranza la previsione unicamente mattutina delle sedute congregazionali per oggi e per ieri, riservando il versante pomeridiano ai colloqui ufficiosi; sintomo assiomatico del totale disinteresse ad accelerare i tempi.
Non c’è fretta dunque, anche i conciliaboli formali ed informali vanno considerati e rispettati in vista di una scelta maggiormente ponderata e giusta, come ribadito dagli stessi cardinali americani. Gli argomenti che vanno affrontati con pregnanza sono quelli fondamentali: “il rapporto con gli episcopati”, “il rinnovo conciliare”, “la struttura dei dicasteri”, la Chiesa e l’evangelizzazione. Come asserito dallo stesso portavoce vaticano, padre Federico Lombardi, “Si è parlato di attività che concernono la Santa Sede e i dicasteri, il rinnovamento della Chiesa alla luce del Concilio Vaticano II, le esigenze nuove nelle diverse situazioni culturali”.
La parola Vatileaks resta estranea ai cardinali: i tre porporati inquirenti , estensori della Relationem, Julian Herranz, Josef Tomko e Salvatore De Giorgi, si esprimono sugli scandali solo in separata sede. Gli alti prelati lasciano intendere la prerogativa riservata della natura delle indagini, trattandosi di “analisi sulle disfunzioni interne”. Oltrepassando il piano delle responsabilità e dei nomi coinvolti, lo scandalo di Vatileaks, toccando le corde strutturali e direttive della Curia, ha portato in superficie e fuori dalle pareti ecclesiastiche, lo spaccatura a lungo taciuta tra la corte pontificia di wojtyliana memoria e la Segreteria di Stato di Tarcisio Bertone.
I nomi non trapelano ma le speranze sembrano per ora rivolte alla nuova nomina di Segretario di Stato, puntando il dito verso personalità salde e responsabili come Mauro Piacenza o Leonardo Sandri. Il solco che marca il frazionamento più grande rimane tuttavia quello vede dividersi, da un lato, la linea di prosieguo con l’orientamento riformatore di Ratzinger, ora Papa emerito, dall’altro, la strada che e riporta alle antiche impostazioni. La nomina papale non è dunque mera questione formale, ci vuole tempo per riflettere e compiere un passo così importante e (si spera) anche innovatore per la storia episcopale romana.
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