L’argomento di primo piano ha ancora a che fare con l’auspicata riforma curiale romana, uno dei temi più urgenti di cui il successore pontificio dovrà inequivocabilmente occuparsi. Con ogni probabilità rimarranno figure centrali del fulcro dibattimentale pre-nomina, i tre cardinali inquisitori (Josef Tomko, Julian Herranz e Salvatore De Giorgi) incaricati l’anno scorso dallo stesso Benedetto XVI di redigere la scabrosaRelationem che ha avuto il merito di gettar luce sugli episodi disdicevoli di Veatileaks. L’inquisizione è durata mesi, ha coinvolto i nomi di svariati porporati e non ha di certo celato la sussistente diatriba tra fazioni curiali trasversalmente antagoniste. Il documento sembra rivelarsi dunque la prognosi più opportuna per la giusta cura.
Per ora, su diretta disposizione papale, il dossier passerà nella mani del solo successore, anche se a rigor di logica Benedetto XVI ha lasciato ai cardinali estensori la possibilità di poter comunque parlare degli elementi ritenuti “utili” alla designazione del nuovo Papa. La discussione nelle aule pontificie si sposta anche sul plausibile anticipo conclavario. Nella giornata di ieri il cardinale Angelo Bagnasco ha difatti auspicato l’avvio del Conclave “il più presto possibile”. C’è anche invece chi invoca “pazienza”, come l’arcivescovo di New York Timothy Dolan. Con il Motu proprio, pubblicato ieri, Papa Ratzinger non dispone l’anticipo del Conclave ma lascia “al Collegio dei Cardinali” la facoltà di anticiparne l’inizio nel caso si raggiunga la partecipazione completa degli elettori. Si riconosce ai cardinali anche la possibilità di prorogare l’elezione di alcuni giorni, restando comunque il limite massimo di 20 dal termine ufficiale del mandato pontificio, e cioè dalle ore 20 di domani.
Il quorum dell’elezione resta fissato a due terzi, ma le disposizioni al riguardo ripartite dal Motu proprio vanno oltre e specificano che tutti coloro che “per qualsivoglia motivo e in qualsiasi tempo venissero a conoscenza da chiunque di quanto direttamente o indirettamente concerne gli atti propri dell’elezione e, in modo particolare, di quanto attiene agli scrutini avvenuti nell’elezione stessa” sono rigorosamente tenuti a mantenere il segreto con qualunque persona estranea al Collegio cardinalizio. Si scrive nero su bianco che nei confronti di ogni ipotetico trasgressore sarà disposta la “scomunica latae sententiae riservata alla Sede Apostolica”. La scomunica diretta non è prevista “per rispetto”, si legge, nei riguardi dei cardinali che nel caso di infrazione dovranno rispondere direttamente al Papa.
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