A scanso di equivoci, va specificato che non tutti i sondaggisti valutano la cavalcata del leader Pdl come inarrestabile. Anzi, da più parti continuano a spuntare distacchi pesanti tra la sua coalizione e quella di Bersani, tanto che, un po’ velatamente, c’è chi prova ad attutire il colpo del caso Montepaschi sui voti al centrosinistra.
Eppure, la tendenza è, da alcune settimane, costante: la coalizione di centrodestra è in risalita, seppur non travolgente, mentre quella di Bersani continua a perdere voti con regolarità. Ancora, gran parte dei centri di ricerca affida ai democratici un margine più che soddisfacente – quantomeno su scala nazionale – ma è la direzione ormai presa dall’elettorato da inizio anno a far suonare l’allarme rosso in casa Pd.
La costante è ormai questa: Berlusconi sta richiamando un po’ alla volta tutti i suoi elettori delusi, mentre Bersani, dopo il boom delle primarie, sta tassativamente lasciando voti per strada. Insomma, l’ex premier avrà perso un po’ del suo appeal per convincere frange dell’elettorato meno devote alla sua figura pubblica, ma i suoi fedelissimi stanno man mano abbandonando l’idea dell’astensione – o del voto di “protesta” – per raccogliersi nuovamente attorno al suo carisma.
Così, evidentemente, si spiegano anche le discrepanze numeriche – quantomai evidenti – che emergono dagli ultimi sondaggi. Confrontiamo, ad esempio, i dati raccolti da Euromedia Research e quelli presentati oggi su La Repubblica a opera del centro Demos. Da una parte, troviamo la coalizione berlusconiana a meno di 3 punti da Bersani: 35% contro 32,4%, mentre, dall’altra, Demos vede le due parti ancora distanti 8 punti, 36,6% per il centrosinistra e 26,6% per lo schieramento del Cavaliere.
In particolare, però notiamo che anche secondo Demos il fronte bersaniano ha visto scendere i propri voti di quasi due punti in una settimana (dal 38,1% al 36,4%), con il centrodestra in crescita di poco meno di un punto al 26,6%, comunque meno di quanto incassato da Mario Monti, che mette a segno un exploit dal 16,2% al 17,7%.
E proprio nel peso elettorale della coalizione montiana sta la vera differenza tra le due indagini: se Demos attribuisce al Professore il 17,7%, Euromedia non lo vede al di sopra del 12,9%. Una differenza che può risultare decisiva il prossimo 24 febbraio. Fuor di dubbio è, invece, che lo scandalo Montepaschi abbia giovato al Pdl, mentre, sorprendentemente, pare non aver intaccato – almeno secondo Demos – il consenso dello schieramento “civico” di Monti.
In posizione intermedia tra i due sondaggi, troviamo, quindi, l’istituto Lorien che, nella rilevazione realizzata per Italia Oggi, attesta Monti al 14% (in calo dell’1,4% rispetto a una settimana fa), mentre addirittura assegna un incremento a Bersani (35,7%, +0,3% in sette giorni), tributando, però, a Berlusconi un recupero eccezionale, ormai alle soglie del 30% globale come coalizione.
Dunque, come orientarsi in questo mare di cifre? La strada meno impervia è quella di tenere valide le tendenze generali. E dunque: Bersani sembra incapace di mettere il turbo alla propria campagna e soffre il savoir faire del Cavaliere, che in questi contesti riesce a rispolverare il suo acume populista-pubblicitario, principalmente richiamando all’ordine i vecchi elettori. E sono evidentemente Monti e Grillo (stabile al 13%), più che Bersani, gli unici in grado di arrestarne l’avanzata.
Che Berlusconi stia investendo tutte le proprie risorse – economiche e personali – in questa campagna elettorale lo dimostra un altro Mario, cioè Balotelli, in arrivo al Milan grazie a un capolavoro di mercato firmato Adriano Galliani – Mino Raiola, che riporta la squadra rossonera al centro del palcoscenico italiano ed europeo.
Al di là di misure azzardate col bilancino (nei giorni scorsi un eventuale ritorno di Kakà era stato valutato pari a +2% dei voti), è indubbio che l’operazione Balotelli costituisca soprattutto un rilancio dell’immagine di Berlusconi come presidente di un top club. Aver strappato l’acquisto in assoluto più importante nella finestra invernale di mercato, magari non procurerà valanghe di voti per via diretta, ma produce l’effetto indiscusso di restaurare l’immagine vincente del Cavaliere anche sul piano sportivo, dopo un periodo di appannamento. Una leva, quella dei successi calcistici, assai sollecitata in passato da Berlusconi per imporsi sulla scena politica e su cui, anche stavolta, non intende affatto rinunciare.
Quanto e se l’effetto Balotelli peserà sui flussi elettorali, lo si scoprirà soltanto nei prossimi giorni. Certamente, ora Bersani ha una ragione in più per preoccuparsi, soprattutto in chiave Lombardia, proprio lì dove, con ogni probabilità, si giocherà la partita decisiva per il Senato.
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