Giuseppe Saggese, 52enne amministratore di Tributi Italaia Spa, deve rispondere dei capi di accusa di peculato, dichiarazione fraudolenta mediante uso di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti, omesso versamento di ritenute certificate e omesso versamento Iva. La sua società, attiva nella riscossione dei tributi in oltre 400 comuni in Italia, era registrata a nome Tributi Italia Spa e si occupava di riscuotere le tasse su incarico direttamente comunale, quindi Ici, Tosap e affini. Una volta che venivano incassate le somme (al netto di quanto le spettava per l’incarico ricevuto) invece che depositarle nelle casse comunali le tratteneva sui propri conti. Quelle cifre venivano poi smistate mediante altre società, tutte facenti riferimento al Saggese, e sparivano letteralmente dal mercato a beneficio dell’amministratore.
La società, già in amministrazione straordinaria con un commissario, per l’accusa agiva, almeno fino al 2010, riscuotendo imposte, mai erogate ai comuni, per un ammontare di cento milioni. Nella fattispecie Saggese si sarebbe appropriato in modo indebito, personalmente, di circa 20 milioni destinati alla società; il gioco è stato fruttuoso fino ad oggi, data in cui l’amministratore è finito in manette e la procura ha disposto il sequestro dei suoi beni per un equivalente di 9 milioni. La procura, inoltre, ha disposto una serie di perquisizioni a Rapallo, Recco, Cogorno (in provincia di Genova), Genova, Roma e Borgonovo del Tidone (Piacenza) nei confronti di altri soggetti indagati, tra cui quattro nei confronti dei quali è stato disposto l’obbligo di dimora.
Saggese impiegava i soldi sottratti ai cittadini per i propri comodi, la Guardia di Finanza ha rinvenuto prelievi anche di 10.000 euro al giorno dai conti delle proprie società destinati ad auto di lusso, yacht, aerei privati, soggiorni in località rinomate, feste e concerti. A fronte della bella vita dell’amministratore c’è il dramma degli impiegati di Tributi Italia Spa; sono circa 1000, infatti, i dipendenti licenziati, molti altri sono in cassa integrazione mentre alcuni comuni si sono ridotti sull’orlo del fallimento. L’impresa di riscossione, a causa delle innumerevoli denunce esposte nei suoi riguardi da parte dei vari comuni frodati è stata dichiarata insolvente, quindi il Tribunale l’ha, conseguentemente, dichiarata fallita.
Le indagini hanno poi svelato il meccanismo della truffa, i soldi venivano “girati” alle imprese collegate di Saggese e venivano giustificati come costi dovuti a consulenze o piani di riorganizzazione aziendale. Non bastasse questo venivano fatti registrare anche aumenti di capitale e alcune operazioni societarie di natura straodinaria che avevano la funzione di distrarre notevoli somme di capitale. Una delle consulenze, per le quali è stato corrisposto un compenso di circa 2 milioni di euro, ha riguardato l’acquisizione di una società di riscossione brindisina, già indebitata per circa 43 milioni di euro; tale operazione ha comportato un irreparabile pregiudizio per il patrimonio della «Tributi Italia».
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