A leggere i dati del governo, però, pare che tra le tante misure “urgenti” varate, quelle che proprio non potevano aspettare erano relative alla riscossione dei tributi da parte dei contribuenti, mentre quelle per situazioni critiche come l’Ilva, o per arginare il fenomeno della disoccupazione giovanile, hanno conosciuto un ritmo più ingiustificatamente blando.
Ecco cosa spiega il paper pubblicato dal governo sul sito istituzionale: l’esecutivo annuncia di aver ormai reso effettivo l’80% delle riforme poste in essere dal suo ingresso in carica. E si tratta, senza dubbio, di provvedimenti pesanti, che vanno dal decreto cresci-Italia, alle liberalizzazioni, alla riforma del lavoro, fino alla spending review.
Addirittura, le prove portate dal governo a sostegno della sua tesi sulla concretezza delle riforme, si distribuisce su “circa 2.800 commi, di cui soltanto in 463 casi è prevista l’esigenza di atti amministrativi, nomine, regolamenti (attuativi o integrativi), decreti di natura non regolamentare, per rendere operativi i provvedimenti”.
E proprio qui sta il punto: il governo replica a chi caldeggia una maggior velocità nell’emanazione dei decreti attuativi, che terrebbero bloccate alcune parti fondamentali delle leggi approvate negli ultimi mesi. Alla ripresa dei lavori, dopo le ferie estive, ad esempio, se ne erano calcolati 350 sulle riforme già convertite in legge.
Sulla loro presentazione, specifica il comunicato del governo, “il governo ed i singoli Ministeri sono impegnati in tale fase, tanto che molti degli adempimenti più attesi sono già avvenuti o sono in fase avanzata dell’iter che la legge prevede per il loro completamento”.
In aggiunta, il governo ribadisce che è pienamente operativa una task-force guidata da Pietro Giarda, ministro per i Rapporti con il Parlamento, Filippo Patroni Griffi, ministro della Funzione Pubblica, e Antonio Catricalà, sottosegretario alla Presidenza del Consiglio ed ex presidente Antitrust, che starebbe monitorando con attenzione tutti gli ambiti in cui le riforme sono ancora inattive a carenti nei loro effetti di legge.
La realtà sulle riforme, stando a quanto riporta perentoriamente il governo, sarebbe così che quattro disposizioni su cinque sarebbero tuttora “già in vigore nell’ordinamento e pienamente efficaci ed operative”. Vediamo quali sono.
Ad esempio, il decreto Salva Italia vedrebbe efficace ” il 78% dei commi, esattamente 468 su 600″. Assoluta predominanza è stata data al settore tributario (85% delle norme in vigore), con le immancabili Imu e Irpef, e quello bancario (84%). Resta ancora da completare la procedure di attivazione dell’indice Isee, che arriverà in seguito a un Dpcm coordinato tra i Ministeri del Lavoro e dell’Economia.
Quindi, comparto semplificazioni: il governo indica che tra le disposizioni mancanti, latita ancora lo schema di regolamento per l’autorizzazione unica ambientale, del quale c’è forte attesa per il caso Ilva. In piena attuazione, naturalmente, le norme antievasione e anti elusione, incluso il tanto criticato spesometro.
Capitolo riforma del lavoro: pienamente attuate le norme sulla flessibilità in uscita e in entrata, mentre manca ancora alla prova dei fatti tutta la parte della riforma che entra nella legge delega, ivi inclusi stage, tirocini e la nuova disciplina dei servizi per l’impiego.
E passiamo alla spending review: la parte sulle farmacie e i prezzi dei medicinali è attiva, così come le nuove normative sull’acquisto di beni e servizi della pubblica amministrazione. Tra molte difficoltà, si sta cercando di portare a compimento il riordino delle Province. In partenza anche la riduzione delle piante organiche negli uffici pubblici.
Infine, l’ultimo provvedimento convertito in legge dello Stato, ossia il decreto sviluppo, per il quale, spiega il governo, è già attivo, e qui sì arriva una buona notizia per i cittadini, il bonus energetico, mentre sono in compimento le procedure per la selezione del direttore dell’agenzia digitale, che, però, sono incorse in un clamoroso autogol con l’indirizzo mail errato presente nel bando.
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