A saltare è stata la discussione sulla violenza contro le donne, un tema di forte sensibilità e rilevanza sociale che non fa che aggravare la posizione dei senatori fuori sede. Ma cosa è successo di così importante questa mattina da far saltare la discussione alla Camera alta della Repubblica italiana? Una coincidenza di eventi, si potrebbe azzardare, anche se, a ben vedere, è lampante come ciascuno dei senatori investiti della sostituzione alla presidenza di Renato Schifani abbia dato priorità alle sue esigenze private che al dibattito parlamentare.
Saranno state tutte esigenze così improrogabili? Al momento non è dato saperlo. Per ora, di certo c’è solo come sono andati i fatti. Tutto è iniziato alla chiusura del turno ricoperto sullo scranno più alto di palazzo Madama da Emma Bonino, quando nessuno si è seduto al posto della leader radicale a presiedere l’assemblea.
Al suo posto, avrebbe dovuto sedersi il senatore del Pdl Domenico Nania, il quale, però, è stato vittima di un ritardo nei mezzi di trasporto. A questo proposito, è arrivata a tempo di record la sua discolpa: “Ho avvisato del ritardo in aereo, prendetevela col Ministero dei Trasporti. Dovevo partire da Catania con la Blu express alle 9,15 e arrivare a Roma alle 10,15. Il volo invece è atterrato alle 11,40. Alle 12,20 sono arrivato in Senato”. Ma ormai la frittata era fatta.
Già, perché, nel frattempo, un altro aereo stava per decollare da Fiumicino: era quello della senatrice leghista Rosy Mauro, nei mesi passati al centro delle cronache per gli scandali scoppiati all’interno del Carroccio. La rappresentante della Lega Nord ha guidato il dibattito in Senato finché ha ritenuto di avere tempo per farlo, dopodiché si è precipitata in aeroporto, diretta chissà dove verso “impegni urgenti e improrogabili”.
Da lì, in aula la seduta è stata formalmente interrotta ed è scoppiato il putiferio. Tutti i gruppi parlamentari hanno iniziato a sbraitare, rimpallandosi la reponsabilità e parlando manifestamente di “fatto increscioso”. Nell’arco di una mezzoretta (precisamente dalle 12:05 alle 12:28) la democrazia è andata in pausa e il Senato si è trovato preda di una situazione a dir poco surreale: assemblea regolarmente convocata, ordine del giorno, ma nessuno a coordinare gli interventi. Un unicum in 66 anni di storia repubblicana.
La discussione è ripresa dopo che si sono miracolosamente materializzati tra i corridoi di palazzo Madama il presidente Renato Schifani e l’esponente del Pdl Sandro Bondi, indimenticato ministro dei Beni Culturali.
Così, anche la seconda carica dello Stato, il presidente del Senato – o chi doveva farne le veci – si è trasformato in Godot, il personaggio creato da Samuel Beckett che si fa attendere senza mai arrivare, al punto da interrompere il dibattito parlamentare, cardine del sistema democratico. I responsabili potranno accampare scuse, magari anche valide, ma il sospetto che qualcuno di loro, di giovedì in tarda mattinata, abbia pensato di troncare la settimana di impegni istituzionali rimane, e forte.
A stupire, però, è che, di fronte a bunga bunga, feste inneggianti al dio Bacco e nefandezze a getto continuo, un episodio del genere lasci, sì, stupefatti, ma non finisca per indignare come dovrebbe, in un Paese dalla lunga tradizione democratica come il nostro. Segno forse che i nostri rappresentanti ci hanno già abituato al peggio? Che siano proprio loro, oggi, il vero teatro dell’assurdo?
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