Il bullismo è un fenomeno psicosociale nel quale una persona usa prepotenza, verbale o fisica, direttamente o indirettamente, verso un’altra.
Questi comportamenti vengono messi in atto intenzionalmente, sistematicamente, creando uno squilibrio di potere all’interno di una relazione.
Questo fenomeno è chiamato bullismo, quando si parla di bambini e ragazzi, mobbing quando si parla di adulti.
Quando veniamo a conoscenza di casi che riguardano bambini piccoli ci stupiamo, ma questo fenomeno emerge già nelle elementari e spesso viene sminuito o sottovalutato. In realtà, bisognerebbe agire proprio lì, cercando di arginare e ridurre comportamenti di emarginazione ed esclusione che vengono messi in atto dai baby bulli verso altri bambini.
Le dinamiche di gruppo sono già presenti nelle scuole primarie, di fatto è in questa sede che il bambino cresce e sperimenta e già inizia a cercarsi un posto nel mondo, che sia riconosciuto dagli altri. Man mano che il bambino cresce, l’esigenza di fare il bullo in realtà diminuisce, perché spesso ha frattanto raggiunto un ruolo sociale, riconosciuto in quanto tale, senza che abbia bisogno di mettere in atto comportamenti da bullo.
Spesso invece le elementari sono per il bullo il “trampolino di lancio” per la sua carriera da bullo.
Come “funziona” il comportamento da bullo?
Il meccanismo è puramente sociale, di gruppo. Il bullo ha degli “scagnozzi”, quindi ha un gruppo che lo sostiene, ha un “riconoscimento sociale”, ed è questa è la sua forza. Inoltre, ha persone intorno a sé che, quando mette in atto un comportamento di prevaricazione sull’altro, ridono e sostengono la sua azione, dicono implicitamente che il suo comportamento non è sbagliato: questo è un altro rinforzo che permette al bullo di fare carriera.
Nonostante sia riconosciuto come un atteggiamento sbagliato, offensivo, aggressivo, il comportamento da bullo permane e, se entra in conflitto con qualcuno, se viene sfidato o viene minata la sua “autorità”, può passare a sistemi ancora più aggressivi e violenti.
Perché il bullo é “così”?
Ci possono essere tanti fattori, il fatto che sia stato prevaricato da altri e si sia sentito debole, e che quindi non voglia più sentirsi così.
Oppure può essere il fatto che, a casa sua, la comunicazione sia stata basata su stili aggressivi e svalutanti, che poi lui rimette in pratica al di fuori di casa.
Dunque, un ragazzo con molta rabbia o aggressività, per vicende esterne alla scuola..
E tuttavia, la condizione di vita e di sofferenza in cui si è trovato, non possono giustificare i suoi comportanti, ma devono essere considerati per dare una risposta adeguata, basata su una risposta non violenta anch’essa, ma basata sul dialogo, l’ascolto e, soprattutto, l’esempio.
I bambini bulli di oggi rischiano di essere gli adulti che fanno mobbing domani, perché il comportamento basato sullo squilibrio di potere tenderà a reiterarsi, se non verrà modificato in tempo.
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