Dipendenti pubblici e tredicesime: parassiti o simbiotici?

Luigi Oliveri 26/07/12

L’idea di sospendere per tre anni o per sempre il pagamento della tredicesima ai dipendenti pubblici non è affatto peregrina e le rassicurazioni del Governo non rassicurano affatto. Sia perché sono troppo timide per essere credibili, sia perché in Paesi come Grecia e Spagna, sinistramente a noi vicini la misura è stata introdotta, sia perché la corta memoria italica ha fatto dimenticare a molti che la versione iniziale della manovra estiva del ferragosto 2011 aveva previsto esattamente la posticipazione della tredicesima di almeno sei mesi, salvo poi eliminare all’ultimo minuto la norma.

Il fatto veramente nuovo, dunque, non è il pensiero rivolto certamente, nel Palazzo, a ridurre la spesa di personale intervenendo non più col solo blocco delle assunzioni (troppo lento nei suoi effetti, per quanto strutturali), ma con misure più immediate come i “prepensionamenti” previsti dal d.l. 95/2012 o come la riduzione tout court delle retribuzioni dei dipendenti pubblici; la novità consiste nella circostanza che ci si è accorti, finalmente, che i tanto vituperati dipendenti pubblici sono indispensabili.

Non certo perché efficienti o bravi. Gli anni ed anni passati con onorevoli, giuslavoristi e ministri a tacciarli continuamente di “fannulloni”, le continue notizie (sbagliate e non veritiere) sul presunto numero eccessivo di dipendenti, hanno fortemente e irrimediabilmente radicato in tutti l’idea che i dipendenti pubblici altro non siano che dei parassiti della società. Dei privilegiati, che non rischiano di perdere il “posto” e che succhiano il sangue della società, sotto forma di tasse, per impinguare le proprie pance, mentre si trastullano nella sinecura del proprio lavoro.

L’allarme sulle tredicesime che potrebbero fondatamente sparire non è stato lanciato, come si è visto, dai felloni dipendenti pubblici, no. Sono stati i commercianti. Precisamente l’associazione di categoria Confersercenti.

Non si tratta certo di una virata sul giudizio di valore nei confronti dei dipendenti pubblici, ma di una asettica analisi di tipo economica e di convenienze.

La Confersercenti, e a ruota altri economisti, si sono accorti che sospendendo le tredicesime, che valgono circa 14 miliardi, vi sarebbe una ricaduta negativa sull’economia reale, pari a circa la metà della mancata retribuzione ai deprecati “statali”. Il che porterebbe ad un crollo dei consumi privati che passerebbero da –1,7% a –2,7% per altro proprio a dicembre, mese fondamentale per il fatturato di negozi, alberghi, esercenti, ristoranti. Il danno all’indotto sarebbe ancora maggiore e con un’onda lunga.

Improvvisamente, i detestati dipendenti pubblici da parassiti divengono, dunque, simbiotici. Hanno uno stipendio. E lo spendono. E’ uno stipendio sicuro: è, dunque, sicuro che lo spendano.

Rendere improvvisamente questa fonte di certo consumo privato determinerebbe un colpo devastante all’economia. Non si deve dimenticare che con molta probabilità i dipendenti pubblici sono componenti di nuclei familiari nei quali sono presenti lavoratori del privato, magari in cassa integrazione o in mobilità o disoccupati. La massa “parassitaria” delle retribuzioni pubbliche, mediante la famiglia e grazie ai consumi delle famiglie, sostiene inesorabilmente l’economia. Far saltare anche solo le tredicesime, risulterebbe l’ennesima misura recessiva.

Senza dimenticare un altro non trascurabile particolare: i dipendenti pubblici, come tutti i lavoratori subordinate, le tasse sul reddito le pagano tutte, fino all’ultimo centesimo.

Ridurre il reddito disponibile, se da un lato diminuisce il flusso finanziario dei pagamenti e alleggerisce le casse dello Stato, dall’altro simmetricamente deperisce anche le entrate dalle tasse, Irpef e, per effetto del calo dei consumi, Iva.

Il “pensiero stupendo” della vendetta sociale contro i parassiti pubblici, cioè il loro licenziamento o la falcidie delle loro retribuzioni è stato certamente accarezzato dal Governo e in tanti sarebbero pronti ad acclamare in piazza la decisione, così come si sta facendo per l’insensata manovra sulle province e così come si fece a Gerusalemme quando venne liberato Barabba.

In effetti, l’Italia ha già adottato una misura indiretta di riduzione degli stipendi pubblici, col blocco delle retribuzioni al 2010. Già dopo due anni, il mancato recupero dell’inflazione e del costo della vita implica indirettamente un taglio al reddito disponibile.

Forse altri tagli, in particolare un ridimensionamento ai trattamenti economici accresciuti da dissennati aumenti elargiti senza criterio negli scorsi 10 anni sotto forma di “progressioni orizzontali” potrebbero essere ammessi.

Ma, i commercianti hanno fatto capire che sui cosiddetti “parassiti” l’economia si regge, in parte, ma non trascurabile.

I parassiti, dunque, non sono poi così male. Se il senso civico, in primo luogo dei ministri e dei parlamentari, tornasse ad essere quello di un tempo, la società capirebbe che il convivere civile, la sanità, l’istruzione, la sicurezza, le strade, l’igiene (e ci si ferma qui) costituiscono il valore della convivenza pubblica. I servizi “sono” lo Stato. E molti servizi sono resi da “parassiti” che non sono tutti santi, non sono tutti efficientissimi, ma nemmeno tutti solo fannulloni.

Luigi Oliveri

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