Capitolo prioritario e, assieme, fortemente criticato è quello dei contratti a tempo determinato, che numerosi osservatori hanno bollato, nella nuova veste, come “gravoso e più oneroso per i datori di lavoro”. Sostanziamlente, si è denunciato che la riforma del lavoro costituisca il deterrente perfetto per questo specifico istituto. In particolare, le modifiche prevedono la possibilità di ricorrere a due casi alternativi, in base ai quali è consentito instaurare il contratto a tempo determinato senza apporre giustificazione causale: per il primo rapporto di lavoro con un lavoratore che non oltrepassi i 12 mesi in un caso, nell’altro, invece, l’assunzione senza causale è possibile senza ricorrere a specifiche condizioni relative all’attività produttiva con accordo collettivo, per non più del 6% dei lavoratori occupati nell’unità produttiva di riferimento.
Ma ciò che più turba i “cacciatori di teste” è il generale incremento del costo dei contratti a tempo determinato, che passa dall’introduzione un contributo addizionale (art. 2), pari all’1,4% a carico del datore di lavoro. Sono previsti casi di esenzione dal contributo addizionale: per i lavoratori assunti a termine, in sostituzione di assenti oppure per le attività stagionali previste del Dpr n. 1525/1963 e individuate dai contratti collettivi nazionali. Importante novità è, poi, la restituzione di sei mensilità del contributo nel caso il contratto venga trasformato a tempo indeterminato.
Infine, sui contratti a tempo determinato, l’intervallo tra una sottoscrizione e la successiva viene portato da 10 a 60 giorni per i rapporti semestrali e da 20 a 90 per quelli più longevi. Nel computo dei trentasei mesi limite del rapporto lavorativo, viene da ora conteggiato anche l’eventuale periodo svolto in somministrazione. Queste riforme, lo ricordiamo, sono già in vigore dal 18 luglio.
Diverso il destino del contratto di inserimento, che dal 1 gennaio 2013 è abrogato e verrà sostituito da una serie di incentivi all’occupazione, diretti a due categorie: i lavoratori ultracinquantenni, disoccupati da oltre un anno e tutte le donne disoccupate da 24 mesi oppure da 6 in aree svantaggiate. L’incentivo consiste nella riduzione al 50% dei contributi per 12 mesi, è attivo per le assunzioni a tempo determinato.
Infine, il contratto di apprendistato (articolo 1, commi 16-19): il Testo unico dell’apprendistato viene integrato da alcune importanti modifiche contenute nella riforma del lavoro. La durata minima del contratto (stagionali esclusi) viene portata a sei mesi e, in caso di recesso al termine del periodo di formazione, la fase di preavviso contempla il trattamento economico, normativo e contributivo vigente nel normale corso dell’apprendistato. Cambia il rapporto tra apprendisti e maestranze qualificate, che, sotto il cappello dello stesso datore di lavoro, passano a 2 su 3 a partire dal 2013. Vietata, infine, l’assunzione di apprendisti con contratto di somministrazione tempo determinato. Ma attenzione: solo le aziende che avranno dato proseguimento, nei 36 mesi precedenti, al 30% degli apprendistati instaurati, potranno avvalersi di nuovi apprendisti fino al 2015, dopodiché la sbarra salirà addirittura al 50%.
Per chiudere, il part-time: la sua disciplina sarà contenuta nei contratti collettivi in termini di contrattazione clausole e di richiesta di condizioni lavorative. Introdotta anche la facoltà di revoca per disabili e studenti alla prestazione secondo clausole flessibili.
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