Già la sentenza della Corte Costituzionale n. 238 del 24 luglio 2009 aveva stabilito inequivocabilmente la natura di tassa della TIA 1 e, non rilevando in alcun modo in senso contrario “né la formale denominazione di tariffa, né la sua alternatività rispetto alla TARSU, né la possibilità di riscuoterla mediante ruolo” aveva pertanto determinato l’esclusione dell’imponibilità ai fini IVA delle somme dovute.
Molti contribuenti hanno, di conseguenza, presentato richieste per ottenere il rimborso di quanto indebitamente pagato ricevendo spesso risposta negativa, altri si sono sobbarcati le spese per agire in giudizio al fine di ottenere giustizia. Sono seguiti in ogni caso anni di confusione, nei quali i Comuni sono andati avanti in ordine sparso nel concedere o meno i rimborsi e nel continuare o meno ad applicare l’IVA.
L’ultima sentenza della Corte di Cassazione, la n. 3756 del 9 marzo 2012, fa definitivamente chiarezza su quanto, per vero, non c’era bisogno di ribadire ulteriormente: la TIA 1 “non è assoggettabile all’IVA del 10% in quanto costituisce un’entrata tributaria e non un corrispettivo per il servizio reso”, chiarendo anche “l’irrilevanza di diverse prassi amministrative, posto che la natura tributaria della tariffa va desunta dalla sua complessiva disciplina legislativa, e non da dette eventuali distorte prassi” .
Alla luce di ciò, sebbene i contribuenti abbiano senza dubbio diritto al rimborso di quanto pagato gli enti che hanno incassato l’imposta con l’IVA in qualità di sostituto d’imposta l’hanno già versata nelle casse dello Stato e non sono in grado, quindi, di anticipare tali somme a titolo di rimborso.
Chiediamo a questo punto con determinazione che i consumatori siano messi nelle condizioni in tutta Italia e senza alcuna distinzione di avere accesso a strumenti percorribili e non onerosi per ottenere il dovuto rimborso. Si tratta, in primis, di una questione di civiltà giuridica in una situazione come quella attuale peraltro contraddistinta dalla crisi economica e dalla richiesta sempre più pressante da parte dello Stato attraverso tasse e tributi. Risulta, infatti, di cruciale importanza che lo Stato, una volta che le sue più alte sedi giurisdizionali hanno confermato l’illegittimità del prelievo dell’IVA sulla TIA 1, si adoperi proattivamente per facilitare in tempi rapidi un rimborso automatico di tutto quanto ingiustamente incassato negli ultimi anni e senza alcuna spesa per i cittadini.
È per questo che Altroconsumo ha lanciato una petizione sul proprio sito web per chiedere al Governo e a tutte le forza politiche di approvare subito una norma, eventualmente sotto forma di emendamento al decreto fiscale, con la quale si sospenda una volta per tutte l’applicazione dell’IVA sulla TIA e si consenta ai consumatori di ottenere automaticamente il rimborso di quanto illecitamente incassato dallo Stato nel corso degli ultimi anni inserendo all’interno del modello di dichiarazione dei redditi 730 e Unico, una voce in cui indicare l’ammontare dell’IVA pagata (e documentata dal contribuente con le fatture in suo possesso) per procedere al rimborso, anche dilazionato nei tempi e modi previsti per i crediti IRPEF.
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