Lasciando ad altri considerazioni sulle singole “proposte” per i diversi settori economici richiamati, l’introduzione della segnalazione presenta elementi di per sé già significativi, a partire dalla precisazione che tale iniziativa viene data “nel pieno rispetto dell’autonomia del Governo e del Parlamento”, una sorta di excusatio non petita che appare quasi un segnale d’insofferenza (oltretutto “inventando” l’istituto della “autonomia del Governo” … ).
La segnalazione lamenta infatti una ripartizione di competenze tra i diversi livelli di governo che comporterebbe una sorta di “disseminazione” dei poteri di veto, in un contesto confusionario ed irresponsabile, proprio a causa della presenza di “troppi attori” con competenze sovrapposte e reciprocamente interferenti.
A ciò si aggiunge la constatazione secondo cui la tendenza all’espansione della sfera pubblica a livello regionale e locale avvenga a scapito del mercato: ci si riferisce all’intervento pubblico in economia, all’assunzione diretta di attività economiche, al rallentamento dei processi di apertura dei mercati. La preferenza per l’attribuzione delle funzioni all’ente più vicino al cittadino non sempre determina effetti positivi, e talvolta esigenze di adeguatezza richiedono l’attribuzione a livello centrale di determinate funzioni, come ha anche riconosciuto più volte la Corte costituzionale, nel proporre un maggiore utilizzo del principio di sussidiarietà orizzontale, promuovendo l’iniziativa privata in settori finora dominati dall’intervento pubblico e limitando quest’ultimo ai casi in cui i privati non siano in grado di soddisfare interessi e esigenze meritevoli di tutela.
Nella segnalazione si afferma anche come sia necessario una semplificazione del quadro dei livelli di governo (con una chiara impostazione accentratrice e di ingerenza) , magari “suggerendo” sommessamente (ma poi non tanto) una qualche modifica costituzionale che si inserisca nel fascio degli interventi recenti fatti dal Governo, ma si ammette altresì (altra excusatio non petita?) che vi sono regioni ed enti locali “virtuosi” (o “ubbidienti” ?) e si sottolinea l’esigenza di ricorsi a poteri sostitutivi, magari correlati a disincentivi (sanzioni) economici.
Un intervento, quello dell’Antitrust, che pare essere senza dubbio un attacco ai diversi livelli di governo, alle autonomie, intrisa di una logica anti-costituzionale, che sottintende un evidente, e neppure isolato, attacco alle istituzioni locali rappresentative. Insomma, un atteggiamento, da parte dell’Antitrust, che esprime una visione generale negativa delle Autonomie Locali (e non basta dire che qualcuno è anche “virtuoso”, per sottrarsi alle generalizzazioni). Dunque, se si dovesse aderire alla posizione dell’Antitrust, i comuni dovrebbero rinunciare al loro ruolo esponenziale di esigenze e bisogni dei cittadini in nome delle accademiche concezioni attorno ad un astratto mercato. Con buona pace delle soddisfazioni dei bisogni delle comunità locali…
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