Non a caso, nei giorni scorsi lo stesso ministro Poletti ha annunciato una serie di misure restrittive nei confronti delle tipologie di contratti di lavoro precario o comunque non soggetto a regolare assunzione, sotto ai quali, però, si cela, in realtà, un rapporto di lavoro con tutte le caratteristiche di quello da dipendente.
Insomma, sotto osservazione finiranno sia le partite Iva che sostituiscono veri e propri contratti di lavoro subordinato, sia i co.co.pro., soluzione che consente all’azienda di prendere tempo nei confronti dei lavoratori non completamente assunti.
Nello specifico, il piano di intervento contro le forme più flessibili di lavoro subordinato, dovrebbero andare di pari passo con la nuova facoltà, inserita nel primo decreto del Jobs Act, varato la scorsa settimana, di poter prolungare fino a tre anni senza limiti di rinnovi il contratto in scadenza ai dipendenti.
La manovra prende le mosse da alcune disposizioni rimaste parzialmente inattuate della legge Fornero, che introduceva la definizione di false partite Iva secondo una specificazione già contenuta nei precedenti interventi sul mercato del lavoro, equiparando le prestazione fornite dai titolari di partita Iva a quelle dei co.co.co., dal momento in cui siano verificati almeno due dei seguenti requisiti: la durata del rapporto di lavoro, il salario fornito dal datore e le modalità attraverso cui la mansione del lavoratore viene svolta, in base a specifici criteri limite.
In tal senso, i casi che risponderanno a questi criteri verrebbero trasformati d’ufficio in partita Iva co.co.pro. e, nello specifico, vengono segnalati anche alcuni limiti di reddito, pari a 19.196 euro per il 2013 e 19.395 per il 2014, come massimo che esclude la presunzione di rapporto dipendente.
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