Le ragioni dell’annullamento sono da ravvisarsi nella natura eccessivamente limitativa della libertà di circolazione delle persone. Il TAR ha rilevato, inoltre, come l’ordinanza sindacale, nel punto impugnato, abbia violato i principi di adeguatezza e proporzionalità dal momento che l’Ente locale aveva previsto, in altro punto, un obbligo per gli accompagnatori o custodi di cani di rimuovere eventuali deiezioni con palette e inserirle in sacchetti di plastica da smaltire nei rifiuti indifferenziati. Detto obbligo, a parere del giudice amministrativo, costituisce adeguata tutela del decoro e dell’igiene pubblica.
La decisione in esame si conforma, richiamandola, a precedente, recente sentenza n. 732 del 2013 del TAR della Puglia di Lecce. Unica differenza tra i casi posti all’attenzione del Giudice amministrativo è che il Comune di Oppido Lucano aveva già previsto il detto obbligo di raccolta e smaltimento mentre la municipalità pugliese intendeva risolvere il problema solo con il divieto di accesso ai cani e altri animali, anche se custoditi, nelle aree verdi attrezzate e destinate a giardini pubblici o a giochi per bambini.
La recente decisione pare essere corretta. Risulta singolare (ma neanche troppo) che, al di là della doverosa osservanza di norme comportamentali civili (e ancor prima dettate da educazione) da parte di detentori di cani, la possibilità di fruizione di spazi verdi da parte degli animali derivi, per così dire, in via mediata e riflessa, dalla libertà dei loro padroni di frequentare i giardini pubblici. Se ciò denota una sorta di embrionale riconoscimento, da parte del Diritto vivente, del rapporto uomo-animale ( facendone una sorta di estensione della personalità del detentore dell’animale) allo stesso tempo pare lontano dall’attribuire all’animale, sia pure custodito, un diritto a godere, anche per breve tempo, di un ambiente a lui etologicamente consono. Ma questa, come ho avuto più volte a scrivere, è una questione de iure condendo.
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