L’articolo avrebbe cancellato metà della retribuzione garantita dalla legge 104 del 1992 per chi è costretto ad assentarsi dal posto di lavoro per prestare assistenza a soggetti in stato di disabilità grave.
A chiedere la soppressione della norma sarebbe stato il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano in persona, che avrebbe posto rilievi pesanti di costituzionalità vista la disparità di condizioni tra lavoratori pubblici e privati, malgrado fosse proprio la relazione tecnica a sottolineare come i dipendenti pubblici usufruissero di tali permessi in misura nettamente superiore.
La norma avrebbe sostanzialmente toccato i lavoratori degli uffici pubblici, tecnici, docenti, amministrativi e ausiliari che si trovano in necessità di assistere un parente fino al secondo grado afflitto da handicap grave, che si sarebbero visti decurtare l’indennità del 50 percento al lordo, circa il 30 o 40% al netto.
La norma, secondo i calcoli del governo, avrebbe dovuto portare in dote poco meno di 50 milioni di euro: l’intervento del Quirinale, però, ha suggerito che, più della cassa a contare dovrebbe essere la solidarietà, almeno per una volta.
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